Arriva l'”insalata Frankenstein”

Lui si avvicina. E’ calmo e freddo. Ha in mano una grossa siringa. Il suo camice viene sterilizzato ogni mattina quindi è tutto in ordine. La mascherina evita che i batteri possano contaminare il prodotto. Un passo ancora e inietta la potente mischela chimica… No, non preoccupatevi, non stiamo parlando di un truce omicidio 😀 Stiamo invece descrivendo una scena che molto probabilmente è all’ordine del giorno in Giappone (e non solo).

Precisamente nelle “plant-factory”, dove vengono coltivate migliaia di verdure, insalata in particolare. L’avevamo detto, in orti anche piccolissimi, basta una cassetta per coltivarla. E i giapponesi hanno fiutato il business. Perché non produrla a livello industriale al chiuso, in enormi laboratori sterili, creando condizioni di crescita ideali? Nutrendo le piante con un cocktail di vari elementi naturali calcolato al millesimo, dosando accuratamente aria, acqua, luce e temperatura. E così infatti funzionano le fabbriche della “Ozu Corporation” a Tokyo. Indipendenti dal clima e dal terreno, iperproduttive (venti raccolti all’anno, visto che gli scaffali possono essere sovrapposti, il che peraltro agevola la raccolta) e assolutamente perfette sia esteticamente (queste insalate non hanno mai visto un bruco in vita loro) sia chimicamente (nessun pesticida viene impiegato, perché non ci sono insetti da combattere!).

Non è finita. Queste fabbriche possono sorgere ovunque, basta che abbiano corrente elettrica e acqua. E sono facilmente automatizzabili. Date un occhio a questo video della dell’israeliana “OrganiTech” (che sta vendendo la sua tecnologia alla Spagna ma si sta sperimentando anche in Italia) per esempio…

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=egrZbL6mJ2I[/youtube]

Di più, queste serre-laboratorio (“virtual farms”) possono diventare moduli completamente autonomi esportabili e facilmente trasportabili. Detta così, la questione presenta non pochi lati interessanti. Ma diciamocelo, la coltivazione idroponica (o aeroponica, con vapore acqueo), che utilizza l’acqua come substrato di crescita invece del terreno, viene già comunemente utilizzata da molti anni (soprattutto per fragole e pomodori). E’ molto probabile che molti di noi abbiano già mangiato insalate coltivate in idroponica senza saperlo. C’è addirittura un metodo casalingo per produrre insalata direttamente in appartamento, a km 0! E del resto la passione dei giapponesi per il cibo perfetto non è una novità… Ricordiamoci delle angurie quadrate! Ma davvero questo tipo di soluzione funziona?

Energeticamente queste fabbriche potrebbero trovare il modo di impiegare addirittura fonti rinnovabili come “carburante”. Non sta lì il problema. E’ il prodotto che dà da pensare. Stiamo parlando di piante che non sviluppano difese naturali, che non hanno contatto diretto con il sole, che non devono adattarsi all’ambiente naturale. Sono del tutto… artificiali insomma. Le varietà coltivate in queste enormi serre sembrano perfette per lo spazio profondo, ma possono davvero essere il futuro per risolvere il problema della sovrapopolazione del nostro pianeta? E futuro a parte, che impatto possono avere (o già hanno!) sul nostro presente?

Anche gli Arabi ad Abu Dhabi e Dubai si sono attrezzati:
Emiratesfarms.com

Il progetto inglese:
Thanet Earth

Una guida alla coltivazione idroponica indoor:
Coltivazioneindoor.info

8 risposte a “Arriva l'”insalata Frankenstein”

  1. Pingback: Arriva l’”insalata Frankenstein”

  2. La comodità è un ottima opportunità, ma dobbiamo pensare ad un fondamento che dice, ” siamo quello che mangiamo”. Potremmo discutere per giorni sulle produzioni ortofrutticole, ma commento solo in merito all’ articolo: Colture fuori suolo. Non è possibile coltivare il Prosecco o il Brunello di Montalcino in fuori suolo! e come mai! Proprio per le caratteristiche del suolo e della vita dello stesso, quindi, un prodotto coltivato con acqua e concimi ha un sapore piatto ed un gusto piatto.Un prodotto ottimo per chi lo vende, infatti dura molto di più nel banco. Ora potete scegliere da una pastiglia che ci nutre a una pianta coltivata dal contadino.

  3. basta usare concimi bio e fidati che funziona… personalmente ho un orto ma le fragole e l’insalata le coltivo in aeroponica che +o- e’ uguale apparte che le radici sono direttamente sospese in aria.
    per quanto riguarda il sapore e’ preciso a quello di una coltivazione in suolo,ovviamente non usando concimi sintetici ma bio e ti posso dire che con la luce del sole ho provato anche i pomodori e ti assicuro non ce’ differenza….
    in conclusione se si usano concimi bio + luce del sole quando possibile il risultato non e’ quel classico sapore di metallo che da un N.P.K di sintesi,ma presso che uguale alla terra ,con risparmio di acqua +o- 70% e di tempo visto che le radici non hanno freni e quindi si cresce 2 o 3 volte prima!!!
    non pensate che ci voglia una scienza una volta che tieni sottocchio EC PH e %di umidita’ le piante non hanno bisogno di niete altro……Altro che PESTICIDI!!!!!!!!

  4. Molto bello questo metodo, di far crescere le piante fuori suolo ma dare loro la luce del sole. Immagino però, Elia, che questo tipo di coltivazione presupponga una serra particolare, giusto? Se hai voglia scrivimi, sarebbe bello parlarne ancora qui sul Fiori&Foglie 😉

  5. Ma guarda nn serve una particolare serra, 2 accorgimenti importanti:
    la soluzione con i nut deve stare all’ombra/buio(sotto terra)
    non si deve fare piovere dantro l’impianto xke si sfaserebbe il PH della soluzione(tetto in vetro/plex) e fidati che quando 6 alle prime armi tenerlo sotto controllo nn e’ semplicissimo.dopo capisci come fare e vedrai le tue piante che crescono a dismisura!!!!!prova un po a guardare in rete ci sono impianti aeroponici, ma li vendono per coltivare cannabis e a me personalmente non piacciono come sono fatti.
    poco curati ugelli piccoli che si intasano facilmente soprattutto se usi concimi bio.grazie a dio faccio l’idraulico xcio’ non mi e’ difficile realizzarne 1 migliore di quelli visti.
    unico svantaggio se non hai pannelli solari la pompa dell’acqua devi farla andare a corrente,e a me piacie l’idea del consumo 0 percio’ mi sono adeguato.
    Se hai bisogno di qualche cosa chiedi pure xo quando riesco a rispondere non so’….ciao ciao
    Elia

  6. La coltivazione industriale degli ortaggi segue uno scopo diverso dalla coltivazione privata all’aperto in orti. I metodi utilizzati per le due coltivazioni (industriale a grandi quantità e quella ad uso privato in orti all’aperto in piccole quantità per la famiglia) sono diversi.

    Le grandi coltivazioni industriali in serre o a cielo aperto, appunto, per raggiungere obiettivi di quantità-costi e infine guadagni, devono necessariamente utilizzare sistemi “aggressivi” per aumentare la produzione e i tempi di raccolta.

    I sistemi industriali per le coltivazioni delle verdure e/o altro in genere sono diversi a seconda della necessità del produttore/consumatore.

    Tutti isistemi utilizzati (terra, acqua, vapore e altri ancora) per raggiungere in fretta grandi quantitativi di prodotti (insalate o altro) necessitano di controlli chimici che vanno a modificare l’evoluzione (crescita) del prodotto. L’aggiunta di sostanze chimiche (concimi) nei processi di assorbimento delle radici dei prodotti (es. insalate) modifica il naturale sapore e odore delle stesse. Importante nella fase industriale è l’analisi corretta del terreno-umidità-temperatura.

    Un piccolo orto per piccole coltivazioni a cielo aperto in terra e con compost naturali non hanno nulla a che fare con le coltivazioni industriali. Non è possibile fare paragoni o accostamenti, sono due metodi di coltivazione diversi per esigenze diverse.

    Chiudete gli occhi e mangiate una carota dell’orto, poi quella del supermercato e così via con altre verdure: la differenza è enorme a favore dell’orto, cioè della natura. A volte non si capisce cosa si stiamo gustando con le verdure del supermercato; questo dipende dal tipo di metodo industriale utilizzato per produrre quella verdura che stiamo mangiando ed è pertanto importante saper leggere con attenzione da dove proviene la verdura (o frutta) e chi l’ha prodotta. Sempre meglio made in Italy, in ogni caso.

    In sintesi, è logico ed ovvio che non è possibile chimicamente riprodurre i medesimi sapori/gusti e valori nutritivi naturali delle verdure coltivate in “stress” con quelle di un appassionato (come me) dell’orto che assapora realmente la differenza tra un prodotto industriale ed uno “naturale”.

  7. gradirei essere informato sul sistema in idroponoca e aeroponica, dovrei fare la produzzione

    industriale di zucchine pomodori fragole , che serre mi serve, se avete qualche contatto

    vi ringrazio auguri di buone feste Carlo da Firenze

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