I nuovi agricoltori lombardi? Extracomunitari portatori di nuovi saperi (e sapori)

“Ah, i pomodori che coltivava mia madre nel suo orto erano eccezionali, altro che questa roba annacquata da supermercato, e che sughi deliziosi ci preparava!” E’ facile sentire queste frasi quando si parla dei sapori con cui siamo cresciuti. Nella nostra memoria sono ben radicati quei profumi e quei sapori indimenticabili. E come a noi, quei ricordi sono ancora più cari a chi vive lontano dalla propria terra e che magari lì aveva un pezzetto di terra. Sarà per questo che sono più di 300 gli imprenditori agricoli non comunitari presenti in Lombardia, soprattutto asiatici (indiani, cinesi, pakistani e del Bangladesh), che hanno iniziato a coltivare qui frutta e verdura originaria dei loro Paesi di provenienza.

Si tratta di aziende medio-piccole che vendono ai mercati ortofrutticoli all’ingrosso di Milano, Brescia e Bergamo, 21 aziende in particolare vendono in modo continuativo. Sono alcuni dei dati presentati nel corso del convegno ‘Nutrire la città che cambia‘, un progetto triennale di sperimentazione colturale di ortaggi non comunitari in aziende agricole lombarde promosso tra gli altri da Cia (Confederazione italiana agricoltori) e patrocinata da Comune di Milano ed Expo 2015.

“Si tratta di aziende gestite da imprenditori piuttosto giovani – ha spiegato il curatore della ricerca, Fabrizio De Fabritiis di Beni Pubblici – la cui età va dai 30 ai 50 anni. Le terre sono di solito in affitto, tranne rari casi e le aziende si trovano soprattutto nella zona del mantovano e del bresciano”. Aziende agricole, quelle gestite da imprenditori non comunitari, che hanno 250 tonnellate di produzione-vendita annua. “Le nostre città e la Lombardia stanno cambiando – ha commentato la direttrice di Cia Milano, Lodi, Monza e Brianza, Paola Santeramo – ci sono sempre più cittadini non comunitari che per ragione culturali vogliono mangiare i cibi delle loro terre. Questo progetto vuole stimolare la domanda crescente di questa frutta e verdura e favorire lo scambio di conoscenze tra produttori lombardi e stranieri”.

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