Alberi caduti in città: fragili per colpa di età, scavi e capitozzi

A centinaia sono caduti per il maltempo, grandi alberi e rami strappati dal vento o ribaltati con violenza su auto e palazzi che hanno richiesto 3.500 interventi dei vigili del fuoco in tutta Italia. Morti e feriti che stanno causando dolore e paura, e inducono a pensare che di alberi in città è meglio non piantarne più. E che quelli che ci sono, vanno ridotti di numero e dimensioni, tagliando e potando in maniera estrema, così che diventino meno pericolosi. Ma è la cosa giusta da fare? E perché sono caduti così tanti alberi nelle nostre città? La parola, per una volta, non alle chiacchiere dei social, ma ai veri esperti, gli arboricoltori.

Tra opinioni “da crociata” e dichiarazioni “di pancia” di personaggi pubblici e politici fantasiosi senza alcuna competenza specifica sul tema, Fiori&Foglie ha scelto di parlare degli alberi di città caduti durante la bufera con Andrea Trentini, presidente di A.A. (Associazione Arboricoltori) e Andrea Pellegatta, vicepresidente di SIA (Società Italiana di Arboricoltura), ovvero tecnici professionisti che di questi giganti vegetali si occupano ogni giorno, alla testa di associazioni di settore a livello nazionale.

PER UN PUGNO DI RADICI
Se c’è una cosa che la bufera degli scorsi giorni ha reso evidente, è la fragilità delle nostre città: in parte perché impreparate, a livello di infrastrutture (drenaggi insufficienti, superfici impermeabili continue, ecc.), rispetto a fenomeni atmosferici eccezionali alle nostre latitudini, in parte perché scontiamo, tutte insieme, le cattive manutenzioni che per anni hanno contraddistinto la gestione del verde urbano, che hanno in primis indebolito esemplari annosi, già a “fine corsa” rispetto all’inospitale ambiente cittadino. Detto per inciso, avete notato nelle foto degli schianti gli apparati radicali ridotti al minimo, quando invece la scienza ci dice che dovrebbero essere ampi in estensione almeno quanto (e pure oltre) la chioma?

Andrea Trentini di A.A.

Per Andrea Trentini, fatta salva l’eccezionalità dell’evento che ha portato venti a oltre 100 km/h laddove non sono certo “di casa”, e che quindi, a viva forza, ha divelto alberi anche sani direttamente dal terreno, alle numerosissime cadute di alberi e grossi rami ha di certo contribuito la mano dell’uomo. Troppo vecchi, amputati alle radici e martoriati nelle chiome, gli alberi di città hanno perso la resilienza tipica del mondo vegetale.

SCAVI SENZA CONTROLLO
“In città si fanno cantieri ogni giorno” spiega Trentini, “scavando intorno agli alberi e tagliando radici senza che ci siano controlli da parte di esperti arboricoltori. Degli scavi si occupano ingegneri e geometri dell’ufficio tecnico comunale, che però non hanno competenze rispetto alle specie arboree. Non danno importanza alla necessità di mantenere “un’area di rispetto” intorno all’albero. Prova ne è che spesso i materiali di cantiere vengono persino appoggiati direttamente ai tronchi, e per mesi, creando ferite e indurendo il terreno che diventa asfittico. Nel sottosuolo si tagliano con disinvoltura radici che ancorano gli alberi, e poi si copre tutto con la terra: tanto gli alberi non possono gridare, e mostreranno il danno alla loro stabilità solo anni più tardi, per esempio rovinando al suolo – o magari su una macchina con dentro una famiglia, durante una bufera. E a quel punto, di chi sarà la colpa?“.

POTATURE PERICOLOSE
E non è solo questo, il problema, continua Trentini: “Togliendo agli alberi ogni anno la chioma grazie a potature a capitozzo (ovvero quelle drastiche, che lasciano l’albero spoglio di rami e di parte del tronco, metodo superato da anni all’estero, a favore di interventi che rispettano la struttura funzionale dell’albero), che “tanto poi ricresce”, li induciamo a far ricrescere i rami dai tagli che hanno subito, tagli che, come portoni aperti, hanno lasciato entrare nel frattempo batteri, funghi e parassiti che si nutrono di …legno!“. E c’è di peggio, spiega Trentini: “Queste ricrescite di rami, mal innestati perché nascono da ferite, danno vita a chiome deboli, pronte a spezzarsi alla prima forte sollecitazione, cresciute su tronchi cavi o bucati, spesso mangiati dall’interno. Insomma, proprio con le potature sbagliate rendiamo gli alberi pericolosi, non certo il contrario!”.

Del resto, basterebbe pensare agli alberi come esseri viventi evolutisi in migliaia di anni per capire che le piante, per sopravvivere erette senza spostarsi, hanno maturato da soli efficaci strategie e meccanismi che i ricercatori stanno iniziando a comprendere solo da poco. La gestione corretta della gravità, delle diverse forze, dei pesi e degli attriti, è parte del codice genetico millenario degli alberi. Certo, ponendoli in un contesto artificiale, mettiamo alla prova la loro “saggezza acquisita” ma siamo sicuri di saperne più di loro, in fatto di equilibrio?

Andrea Pellegatta di SIA

CITTA’ SENZA ALBERI NO GRAZIE
“Studi ed analisi ci dicono da anni che l’Italia sarà uno dei Paesi Europei che più di altri subirà gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici“, sottolinea Pellegatta, “ma abbiamo la certezza e l’orgoglio di credere che gli alberi siano una risorsa vitale per tutti i benefici ambientali, sociali ed economici che danno alla città, efficaci proprio nella mitigazione del clima. E che bisogna sgomberare il campo da ansia ed azioni improvvisate, ed iniziare a programmare una corretta pianificazione, gestione e cura del verde avvalendosi dell’operato di professionisti preparati e formati, che utilizzino moderne pratiche agronomiche ed arboricolturali con cui affiancare i pianificatori ed i gestori accompagnandoli in una gestione corretta, con uno sguardo al futuro, di quella che viene ormai definita – per l’importanza che ha assunto – “foresta urbana”, cioè l’insieme di alberi ed aree verdi, pubbliche e private, all’interno della città.”

SOSTITUIRE INTERI VIALI ALBERATI
Come fare dunque ad affrontare al meglio le sfide di questi anni? La risposta di Pellegatta è sicura: “E’ ora di iniziare a parlare della necessità di rinnovare progressivamente le alberate vetuste, danneggiate e malate, intervenendo su basi scientifiche, coinvolgendo tutta la filiera a partire da chi gli alberi li coltiva e li produce, perché dovremo iniziare a sostituire interi viali urbani con materiale vivaistico di qualità. Argomento tabù nel nostro Paese, ma che chiede dei ragionamenti seri e multidisciplinari che non si possono più rinviare. Occorre, poi, un cambio definitivo di mentalità, considerare i costi di gestione del verde non più come una spesa ma bensì come un vero e proprio investimento, e acquisire la consapevolezza che appalti e contratti che guardano solo al prezzo non sono più adatti.”

E segnala: “Il prossimo 29 novembre a Mantova, nell’ambito del primo Forum mondiale della FAO sulle foreste urbane (www.wfuf2018.com), Assofloro, Coldiretti e la Società Italiana di Arboricoltura organizzeranno una serie di conferenze su questi temi “caldi”. Un consiglio per gli amministratori del verde pubblico che vogliono evitare pericolose cadute di alberi in città con morti e feriti? “Esserci!”

2 risposte a “Alberi caduti in città: fragili per colpa di età, scavi e capitozzi

  1. Fondamentale il rispetto e la manutenzione delle piante ad alto fusto. Come ormai in Italia è consueto nn si fa più manutenzione e i risultati si vedono quando eventi atmosferici si abbattono sul territorio. Manca purtroppo una cultura e una sensibilizzazione a certi problemi forse dovuta anche ai costi da sostenere. Bisognerebbe trovare una formula giusta.

  2. Come ogni anno, in autunno e in inverno, i media in particolare sembrano rimanere basiti di fronte ad alluvioni, frane, allagamenti, slavine e ponti che crollano. E l’aggettivo che qualifica questi eventi è sempre lo stesso: ” eccezionale”. Parliamoci chiaro: la natura non sempre è matrigna, casomai fa il suo mestiere, quello che tutti abbiamo appreso fin dalle scuole elementari sui libri di testo e che si può riassumere in 2 semplici verità: durante l’inverno piove e fa freddo e, anche, nevica. E durante l’estate fa caldo, il famoso “solleone” di cui cantava Edoardo Vianello. Tutto il resto, alberi che crollano, montagne che franano, slavine che investono alberghi provocando la morte di povere persone, è colpa dell’uomo. Dell’uomo che non rispetta la natura. Dell’uomo che lucra sulla “messa in regola” anche delle infrastrutture. Gli alberi non crollerebbero sotto un forte temporale se fossero, come una volta, periodicamente ben potati, le città non sarebbero sommerse dall’acqua se regolarmente si ripulissero i tombini, le slavine non ucciderebbero i turisti se gli alberghi fossero costruiti non a ridosso delle montagne, bensì al limitare di paesi o comunque di centri abitati che più prontamente e facilmente sarebbero raggiunti dai soccorsi e i ponti non crollerebbero se qualcuno si fermasse a considerare che il traffico degli anni ’60 era ben diverso da quello, incessante, di migliaia di macchine al giorno,TIR e autotreni inclusi,, di oggi. I ponti, le autostrade, le strade dovrebbero essere sottoposte a continui “test” di verifica sicurezza anziché attaccare gli ingegneri che magari, all’epoca, li hanno costruiti con i crismi perché adeguati alle necessità di allora. Il resto, tutto il resto, sono solo chiacchiere da imbonitori per garantirsi il maggior pubblico possibile. Ricordiamoci del Vajont. Grazie

Rispondi a roberta Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *