Senza verde di qualità, niente abitabilità: la proposta dell’architetto Kipar

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Grandi autostrade, grandi edifici, grandi piazze: mega progetti bellissimi sulla carta ma dove spesso alberi e piante si riducono a poco. Dopo inaugurazioni in pompa magna, il verde passa in ultimo piano, e spesso bastano due o tre anni per vederlo trascurato, malato, rovinato e infine sostituito. Con grande scorno dei contribuenti, che subito bollano la riqualificazione di quello spazio cittadino come un mero spreco di denaro pubblico. L’ennesimo… Ma esiste una via d’uscita per far sì che il verde appena creato, con i suoi alberi, arbusti e fiori, abbia vita lunga così da poter essere garanzia di benessere fisico ed estetico per gli abitanti delle città? In due battute veloci durante il Convegno “Il Valore del Verde” di Assofloro conclusosi qualche giorno fa, l’Archistar Andreas Kipar, docente tra l’altro di Architettura del Paesaggio presso l’Università di Napoli e il Politecnico di Milano, ci ha dato la sua soluzione. Il verde deve diventare condizione per l’abitabilità. Qualcosa di semplice ma di grande forza: e ci ha spiegato perché secondo lui è facile da fare.

kipar200Lui è tra quelli che hanno disegnato Porta Nuova trasformandola, da immensa area abbandonata, nella bandiera di una metropoli dinamica e contemporanea, ammirata in tutto il mondo. E’ quello dei Raggi Verdi di Milano, per intenderci: insomma, se Andreas Kipar parla di grandi opere, sa di cosa parla.

“Guarda la Brebemi”, mi dice l’architetto tedesco, “Quanti alberi hai visto?” “Veramente – rispondo, pochissimi”. “Infatti è proprio così, tu non li vedi – mi conferma – ma ci sono. A migliaia…”

Lo guardo stupita: la Brebemi passa a fianco a casa mia e di questa foresta non ho mai visto traccia. “Erano talmente tanti – continua Kipar – che nel disegno del progetto non ci stavano. La Brebemi avrebbe dovuto essere un’autostrada fra i boschi: così è stata presentata. E li hanno anche piantati: dovevano! Ma come succede spesso in queste grandi opere hanno messo a dimora piantine talmente piccole, che sono praticamente invisibili: al secondo anno di manutenzione vengono tutte tagliate per errore”.

Ok, quindi si tratta della qualità delle piante previste nel progetto…
“Naturalmente, continua Kipar – non è così che dovrebbe essere. Ma nessuno controlla, dopo che l’opera è stata realizzata. Non ci sono risorse per questo tipo di verifiche da parte dell’amministrazione pubblica. Ma in realtà la soluzione al problema sarebbe semplice: basta legare per legge il verde di qualità alla certificazione dell’abitabilità. Vedi, nelle grandi opere il costo del verde ammonta al 2-3% del totale: un’inezia in rapporto all’esborso complessivo. Quale imprenditore rischierebbe di non ottenere l’abitabilità solo per mettere a dimora piante a basso costo, giovanissime e inutili? Te lo dico io: nessuno!“, mi dice Kipar con un sorriso.

Obietto all’architetto che se fosse così semplice, si sarebbe già fatto…
“E’ una questione di cultura“, mi risponde Kipar, sicuro. “Ma c’è di buono che l’onda verde che si sta diffondendo con urgenza in tutto il mondo sta arrivando anche qui, convegni come questo ne sono un esempio. E ci travolgerà, imponendoci, in modo impellente e cogente, di cambiare il nostro modo di usare il verde, negli spazi privati come in quelli pubblici”.

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