Prato finto negli asili? Una moda becera, parola di architetto paesaggista

Bimbi con vestiti lindi, sicuri e protetti, lontani dalla terra sporca, da bacche e spine. E’ questa la promessa ai genitori che assicura il prato finto, soluzione artificiale che fa proseliti nelle villette a schiera come nei nidi e negli asili per l’infanzia. Un tappeto erboso che non si taglia mai, eternamente verde smeraldo, sulla carta non sembra male. Ma è davvero una buona soluzione? Fiori&Foglie l’ha chiesto all’architetto paesaggista Monica Botta, specializzata nella realizzazione di Healing Garden, i cosiddetti “giardini terapeutici”: ecco la sua risposta, senza “se” e senza “ma”…

Monica Botta

Il prato finto sta conquistando molti, anche nelle strutture educative dedicate ai più piccoli: cosa ne pensi Monica?
Una moda becera, Daniela, e di comodo, che accumula calore e non aggiunge valore agli spazi. Il prato finto è composto da materiale plastico: d’estate sotto al sole si arroventa, e diventa impossibile fruirne. Inoltre non apporta assolutamente nessun beneficio ambientale. Per fortuna le scuole superiori per cui ho lavorato vanno in tutt’altra direzione: mi hanno chiesto verde pensile e giardini verticali nei loro spazi all’aperto.

Spesso amministratori e privati scelgono il prato finto perché, rispetto ad un prato vero, è “più pulito”.
Vedi, si tratta di una valutazione superficiale: in realtà il prato artificiale è ben lontano dall’essere sterile poiché non è in grado di smaltire l’acqua quando essa si accumula creando così odori e muffe. In realtà è vero l’opposto: il prato vero è in grado di depurare l’ambiente proprio grazie all’attività microbica del terreno sui cui si sviluppa. 

Oltreconfine i bimbi a scuola vengono stimolati a salire sulle reti, a giocare manipolando la terra, a contatto diretto con alberi, piante, insetti e animali. Negli ambienti artificiali i bimbi non scaricano lo stress, manca loro la sfida, l’avventura e la scoperta, e il confronto con gli altri esseri viventi. Secondo molti studi scientifici, i bimbi che possono giocare nel verde durante l’intervallo, tornano in classe più carichi di energie, dimostrando una soglia di attenzione più alta dei bimbi che sono rimasti in classe. 

Questa tendenza verso il prato artificiale negli spazi aperti per i bimbi ti preoccupa, come architetto?
Certo Daniela, se non sporcarsi diventa più importante che fare esperienza, penso che i motivi per preoccuparsi ci siano. Pensa che una docente mi raccontava di aver notato che i bimbi della sua classe non mettono le mani davanti quando cadono. Insomma, non sanno più come si fa! Hanno perso agilità ed equilibrio. E in Italia la preoccupazione di evitare ai bimbi qualsiasi tipo di rischio è tale, che negli spazi gioco si mette ovunque la gomma, ovvero il pavimento antiurto, anche laddove non ci sono altezze nei giochi che lo richiedano. Invece è sano che i bimbi siano liberi di confrontarsi con una dose minima di rischio, che possano sbucciarsi le ginocchia sull’erba. E che sviluppino sin da piccoli un sano dialogo con la natura.

Ricordo con gioia una grande piazza a Bordeaux dominata da un vasto specchio d’acqua a sfioro, in cui tanti piccoli giocavano scalzi e felici, con adulti a loro fianco che tornavano improvvisamente bambini… Difficile pensarlo in Italia.

Altro che prato finto nelle scuole, dunque, Monica?
Esattamente, Daniela, anzi: fossi uno dei medici con cui spesso lavoro per creare giardini del benessere, prescriverei un “cicinin” di natura tutti i giorni. Mezz’ora di natura al dì, perché il rapporto con le cose vive ci cambia, e il contatto con gli elementi naturali fa crescere in noi l’empatia verso gli altri esseri viventi e i nostri simili.

Il sito di Monica Botta: www.monicabotta.com

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