Venezia: il vino d’oro dei dogi che sopravvive all’acqua alta

Mentre la stampa estera inorridisce per la nostra incapacità di proteggere dall’acqua alta Venezia, patrimonio storico e culturale che richiama ogni anno nel Belpaese oltre 23 milioni di visitatori all’anno, mentre i politici si svegliano adesso da un incubo chiamato “Mose”, il governo stanzia in extremis 20 milioni di euro per correre ai ripari, e le vignette di denuncia sui social si sprecano, sotto l’acqua finiscono anche i campi coltivati e le vigne. E c’è un vitigno autoctono in particolare, quello che produce la Dorona, l’antica “uva d’oro” dei dogi veneziani, che si presenta in questi giorni come una grande piscina in cui le viti si specchiano…

Viti storiche il cui vino risale al ‘400, quelle dell’uva Dorona, che Gianluca Bisol ha salvato dall’oblio nel suo ettaro di terreno sull’isola di Mazzorbo, commercializzandolo con l’etichetta “Venissa”. L’acqua alta però a Venezia non è fenomeno di oggi: e la natura ne ha già previsto il lato buono.

L’acqua alta che ciclicamente invade il vigneto è un misto di acqua dolce di laguna e acqua salata di mare, e porta con se sali minerali e microelementi in grado di arricchire il terreno. E una vite come la Dorona, che affonda le sue radici in quel terreno da 6 secoli, ha imparato nel tempo a gestire al meglio la forte salinità e i nutrienti che le piene regalano. Queste condizioni così particolari sono ciò che la pianta riesce a trasmettere ai suoi frutti, donando al vino delle qualità, in termini di gusto e profumo, assolutamente particolari.

La chiave di questo meccanismo perfettamente rodato tra acqua alta e vigneto? La durata della marea, che arriva e che se ne va nel giro di una giornata. Potrebbe essere invece un problema se quest’acqua tanto preziosa non se ne andasse, e mantenesse allagato per giorni il terreno. L’asfissia potrebbe a quel punto danneggiare la vite, poiché non consentirebbe alle sue radici di respirare. C’è dunque da augurarsi che la piena passi, per poi tornare, come è sempre stato, così da preservare la coltivazione di piante e la produzione di un vino antico e speciale, emblema di biodiversità, storia e cultura.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *