Fiori e piante: beni non essenziali a chi?

Aziende florovivaistiche in ginocchio a causa dell’emergenza coronavirus. Perché in realtà quei “beni non essenziali”, essenziali lo sono eccome, per chi di piante e fiori ci vive. Se di mestiere fai il florovivaista, piante in vaso e fiori recisi per questa primavera devi produrli per tempo, coltivando durante l’anno precedente e per tutto l’inverno scorso. Produrre piante e fiori non è qualcosa che si improvvisa. Le piante sono esseri viventi: quando arriva il momento della fioritura, è fatta. Il fiore va reciso, la pianta in vaso va venduta. Perché in pochissimi compriamo piante senza fiori, e gli arbusti primaverili fioriscono 1 volta all’anno. E i bouquet non durano più di alcuni giorni. 

Bene lo sanno i mercati che, in Olanda, stanno mandando al macero tonnellate di rose, gigli, iris e tutte quelle corolle che avrebbero assicurato matrimoni incantevoli sì, ma anche preziosi introiti che danno da vivere a migliaia di famiglie. Il blocco delle produzioni causato dal contenimento del contagio da virus sta così mandando in crisi l’intero comparto verde. Le più colpite sono quelle che producono fiori recisi: terribili video su Facebook riprendono, tra le lacrime di chi li ha cresciuti con amore e fatica, la distruzione di meravigliosi raccolti impossibili da vendere.

Le grandi associazioni professionali come Coldiretti, Cia, Assofloro, chiedono aiuto al governo, essenziale in un momento così difficile: le aziende verdi infatti generano, da gennaio e maggio, il 75% del proprio fatturato. E solo in Lombardia si parla di 7mila imprese, con dipendenti e lavoratori stagionali al seguito, che rischiano di perdere un intero anno di fatturato, senza guadagni su cui contare per preparare la prossima stagione.

Secondo piccoli vivaisti come Enrico Riva de Il Peccato Vegetale, raggiunto da Fiori&Foglie in questi giorni, “una somma a fondo perduto sulla base del fatturato aziendale permetterebbe alle piccole aziende di arrivare almeno al giro di boa di luglio”, dopo il quale, a condizioni di libertà meno ristretta, alcune attività potrebbero riprendere in vista delle vendite d’autunno, grande tappa stagionale, fermo restando la stretta necessità della pace fiscale per tutto il 2020. Intanto, per chi è attrezzato, si cerca di salvare il salvabile con le spedizioni a domicilio. Su Change.org un gruppo di vivaisti del Ponente Ligure sta promuovendo una petizione al Presidente del Consiglio Conte e al Ministro dell’agricoltura Bellanova.

Per le grandi aziende il danno è ancora più cospicuo a causa del blocco delle esportazioni di piante e fiori, fermati alle frontiere con il pretesto della “merce infetta” e dei cicli produttivi che, bloccati, comportano un aggravio dei costi: piante stagionali, invendute e da rinvasare, finiscono nel cassonetto perché, rilavorate, al consumatore finale costerebbero troppo. Bloccate anche tutte le manutenzioni del verde di condomini e amministrazioni, che danno da vivere ai giardinieri.

In merito, la Regione Lombardia sta valutando il da farsi. Secondo il comunicato di Assofloro, l’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia Fabio Rolfi ha dichiarato: “Questa filiera necessita di una strategia di sostegno ad hoc con misure specifiche che abbiamo sollecitato come sistema delle Regioni al ministero dell’Agricoltura. Rischiamo che alla fine della crisi molte aziende per evidenti carenze di liquidità non siano in grado di rinnovare la produzione e quindi chiudano i battenti. Bisogna predisporre, anche agendo sui fondi comunitari, un sistema di compensazione del prodotto mandato a macero per evidenti motivi di chiusura dei mercati, al fine di garantire una adeguata liquidità alle imprese. Siamo a disposizione come Regione per trovare le modalità di calcolo delle derrate distrutte”.

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