Glifosate, il Distretto vivaistico di Pistoia replica al servizio di Report

Il servizio di Report, trasmissione di inchieste giornalistiche di Rai3, che ha dedicato un servizio al vivai di Pistoia e all’uso di glifosate nelle produzioni intensive, andato in onda lo scorso lunedì 15 novembre, ha messo il dito su una situazione complicata, insita nel rapporto tra un numero massiccio di vivai di piante e la città. Nella zona di Pistoia infatti sono presenti più di mille vivai, realtà anche molto grandi di aziende estremamente produttive, che in massima parte esportano il loro ricercato prodotto (grandi alberi e arbusti noti per l’inappuntabile qualità) per popolare magnifici giardini all’estero (piante Made in Italy a Versailles!). La nota amara è l’uso di erbicidi e fitofarmaci di sintesi, che secondo il servizio, inquinano aria e acqua. Fiori&Foglie ha parlato con uno degli intervistati, il nuovo Presidente del Distretto Vivaistico Pistoiese e docente di Arboricoltura all’Università di Firenze Francesco Ferrini: ecco la sua replica.

Francesco Ferrini

Francesco, entriamo subito nel vivo: questione glifosate. I vivai lo usano? Quanto ne usano?
Sul glifosate, Daniela, c’è dal 2019 un protocollo d’intesa con la Regione Toscana per ridurne l’uso ed eliminarlo del tutto dove possibile entro il 2021 (ben prima di quanto richieda l’Unione Europea che ancora lo consente): ma servono gli aiuti regionali. Purtroppo, però, anche a causa della pandemia il protocollo è caduto in stand by e i sostegni regionali alle riconversioni non sono arrivati. Dunque la riduzione è andata avanti più lentamente di quando si sarebbe voluto. Molte aziende hanno iniziato ad eliminarlo progressivamente nella coltivazione delle piante in vaso, ma per ora non si è ancora trovata un’alternativa per le piante coltivate in pieno campo. Certamente non viene nebulizzato a pioggia sulle piante o nei vasi vuoti, come lasciavano pensare certe inquadrature televisive del servizio di Report con le immagini registrate da dietro le persiane: l’appezzamento che compare nelle riprese è per inciso un vivaio biologico al 100%. Aggiungo poi una riflessione semplice: molti dei vivaisti di Pistoia – stiamo parlando di quasi 1500 aziende che impiegano 10mila persone – vivono con le loro famiglie all’interno dei propri vivai, alcuni da molte generazioni. Sarebbe folle per loro spargere terribili veleni, letali per la salute, laddove vivono e lavorano tutti i giorni, non ti sembra?

E sfatiamo un altro mito, vuoi? Usare sostanze biologiche nei vivai non vuol dire usare sostanze naturali che non hanno impatto sulla salute. Il solfato di rame ad esempio in agricoltura biologica è consentito: ma il rame è un metallo pesante soggetto ad accumulo. Idem per lo zolfo: è tossico oltre certe concentrazioni. Così come l’acido acetico: a piccole dosi nell’aceto dell’insalata fa anche bene, ma se ti bevi un bicchiere di acido acetico puro vai all’altro mondo! Insomma, voglio dire che la tossicità dipende dalla dose. Infatti se compariamo la tossicità orale del tanto vituperato glifosate con quella dell’acido acetico, il secondo è il doppio più letale del primo: la soglia di tossicità dell’acido acetico è infatti pari a 3.310 mg/kg contro i 5.600 mg/kg di glifosate. In sostanza, per avere rischio di morte basta ingerirne la metà. Naturale non fa rima con innocuo!

Ma i vivai del distretto vivaistico pistoiese cosa stanno facendo per passare a metodi produttivi eco-sostenibili?
Per evitare di usare gli erbicidi per contrastare le infestanti, i vivaisti stanno adottando sempre più coperture pacciamanti organiche (corteccia, legno ecc.) nelle coltivazioni in vaso. In parallelo è in corso un aumento elevatissimo dell’uso di prodotti biologici (esistono già anche vivai completamente biologici come quello filmato da Report) grazie al quale si riesce a eliminare quasi totalmente l’utilizzo di insetticidi: per esempio sistemi di lotta biologica a base di feromoni, in grado di generare confusione sessuale tra gli insetti dannosi. Del resto è documentato che c’è stata una forte contrazione nel mercato dei fitofarmaci negli ultimi 5 anni. E seppure qualcuno ne abusasse, il controllo non manca: il Laboratorio del Servizio Fitosanitario Regionale ha sede proprio all’interno del Distretto Vivaistico Pistoiese. E le aziende sane spendono parecchio tempo e denaro per rispettare le norme fitosanitarie.

L’accusa è che aria e acqua siano inquinate dai vivai: cosa ne pensi?
Per quanto riguarda l’acqua, Daniela, come già sta emergendo ed emergerà sempre più chiaramente, alcuni parametri sballati non sono da attribuire alle attività dei vivai, ma ad altre attività produttive nei nostri territori. Per quanto riguarda l’aria, bisogna provare a immaginare che cosa sarebbe la pianura di Pistoia senza i 5200 ettari di verde dei vivai, rimpiazzati da cemento, industrie e capannoni! Grazie alle coltivazioni di piante nei vivai – è dimostrato nero su bianco dallo studio della Cesaf del 2019, il bilancio della CO2 è altamente positivo, e sicuramente molto migliore di qualsiasi altro settore produttivo! E quale è l’emergenza ambientale maggiore in questo momento, se non le emissioni di CO2? E vogliamo parlare dello smog? Il particolato prodotto in abbondanza dalla città si accumula nelle vie respiratorie ed è quindi estremamente pericoloso per la salute umana: le piante riescono a catturarlo in foglie e fusti. Pistoia è leader nella produzione di piante in Europa ormai da 20 anni. Puoi immaginare quante piante si coltivano nei vivai pistoiesi: parliamo di 40-50 milioni di alberi e arbusti coltivati ogni anno! Una mole di verde immensa: pensa a quanta aria ripuliscono tutti questi alberi e piante. E per di più, lo fanno a costo zero: forse andrebbe messo sulla bilancia anche questo.

5 risposte a “Glifosate, il Distretto vivaistico di Pistoia replica al servizio di Report

  1. Semplicemente, non è “umano” riportare tutto sempre sul piano del business a tutti i costi! Glifosati e altre schifezze servono solo per ridurre costi ed essere più “concorrenziali” di altri, infischiandosene della salute di tutti! Pazienza se poi a farne le spese sono pure le falde acquifere, e se l’acqua si dovrà acquistare in negozio con costi sempre più crescenti (sempre in nome e per conto del business). Perciò, l’assurdo paradosso: i vivaisti impiegano schifezze per essere concorrenziali, risparmiando soldi sul maggior impiego di manodopera (posti di lavoro…) che poi dovranno spendere per l’acquisto di altri beni e servizi i cui costi sono lievitati per gli stessi motivi…Con l’aggravio che molti ci rimettono perfino le penne tra tumori e altri malanni!

  2. Lo sappiamo tutti che in grandi quantità qualsiasi cosa fa male, anche l’acqua. Ma veramente questo signore sta paragonando l’aceto al glifosato? Il glifosato ha dimostrato di promuovere la trasmissione transgenerazionale di patologie e malattie per via epigenetica, non mi pare si possa dire altrettanto del rame, dello zolfo o dell’aceto. Ormai pur di giustificare questa roba ci si arrampica sugli specchi.

    • Mi perdoni, ma non ho paragonato l’aceto al gliphosato, ma l’acido acetico. L’aceto è una soluzione acquosa contenente il 4-6% di acido acetico. L’acido acetico è quindi contenuto in minima parte. E ho confrontato la soglia di tossicità che è notevolmente superiore nell’acido acetico rispetto al gliphosate. Non facciamo confusione fra aceto e acido acetico. Nessuno pensa di ingerire glifosate, né che esso debba essere utilizzato senza seguire quello che la legge prevede. Cosa che, peraltro, nei vivai di Pistoia viene fatta. Al momento, checché ne dicano siti non scientifici che condividono studi non riconosciuti come scientificamente corretti da parte delle comunità internazionale, non sono accertati effetti sulla salute da parte del glifosate e dei suoi derivati nelle concentrazioni in cui si ritrovano negli alimenti o nelle falde. Detto questo la ricerca sta valutando prodotti alternativi che possano consentire l’abbandono delle molecole di sintesi (come il glifosate) nella gestione dei parassiti e delle malerbe. Non appena questi saranno disponibili, i produttori saranno i primi a utilizzarli. E con produttori intendo non solo i vivaisti che, ricordo, non producono alimenti (dove il glifosate deve essere assente o in minime tracce). Nel caso dei vivai il problema può essere dovuto a un eventuale contaminazione delle acque superficiali, e non di quelle destinate alla potabilizzazione le quali, secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia regionale derogata al controllo, non presentano alcuna criticità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *