Quella di Masino nel Torinese è una mostra che, nella sua versione autunnale, estasia sempre occhi e cervello (vedi le immagini della gallery). Le piante che si possono vedere lì raramente si trovano nei garden. E’ quindi sempre un’emozione visitarla, e ogni volta si fanno delle scoperte. Quest’anno non ha deluso: molto frequentata, ha dato spazio a vivaisti e pubblico nel migliore dei modi. Fiori & Foglie ha incontrato una vera e propria star tra i vivaisti, Pier Luigi Priola, uno per intenderci che gli addetti ai lavori considerano una sorta di istituzione. E le sorprese, come leggerete, non sono mancate.
Innanzi tutto un chiarimento: cosa sono le “erbacee perenni”?
Si tratta di quelle piante capaci di vivere per molti anni (perenni appunto) e la cui caratteristica è di produrre fusti, foglie e fiori nei mesi caldi e sparire alla vista nei mesi freddi, mantenendo in vita solo le radici. Sono dunque piante ben diverse dagli arbusti, sempreverdi o caduchi e in genere, ma non sempre, di dimensioni più contenute. Se volete farvi un’idea più precisa, potete sfogliare online il catalogo del sig.Priola, che trovate sul suo sito: www.priola.it Ecco le domande che abbiamo rivolto al noto vivaista.
Ho iniziato ad interessarmi di erbacee perenni quando lavoravo come giardiniere dipendente. Le prime erbacee perenni erano richieste da paesaggisti che le avevano viste in giardini fuori dall’Italia. A quei tempi Guido degli Innocenti era uno dei pochissimi che le aveva, ma erano poche decine di specie. Piante di questo tipo si trovavano per forza solo all’estero, in Svizzera, Germania e Inghilterra. Nel ‘68 iniziai a muovermi su Svizzera e Austria. Trovate le prime, si cominciò ad approfondire. Con Gorian (ndr Ferrante Gorian, paesaggista di fama) ho lavorato 25 anni, scoprendo continuamente nuove specie. Ho capito che dovevo moltiplicarle io, e nel ‘72 ho cominciato a cercare piante madri all’estero: in Germania andavo alla scoperta di piccolissimi vivai, creati soprattutto di ex dipendenti di orti botanici in paesini con 4 case. Erano vere e proprie miniere di specie e varietà sconosciute ed erano pure care, per quei tempi: ricordiamoci che allora il marco valeva 600lire. I viaggi li facevo anche per vederle ambientate, queste piante, nei giardini o alle mostre locali. Devo dire che il rapporto che ho creato con gli orti botanici a quell’epoca mi ha aperto poi moltissime porte, soprattutto l’accesso a quella parte degli orti botanici che non si vede, quella della ricerca. La Germania non è aperta alla grande ricerca quasi maniacale delle varietà tipicamente britannica, ma il loro paesaggismo è più definito, più sobrio, lo preferisco. Intendiamoci, il paesaggismo informale inglese mi piace molto ma nel privato può diventare kitsch: spesso in giardino si vuole mettere tutto e il risultato può non essere ideale.
Come ha posto poi le basi per il suo vivaio?
Quando agli inizi lavoravo come dipendente, il mio compito era scrivere cataloghi. Li correggevo e li rifinivo. Allora il mio l’ho fatto da subito, e l’ho creato dando indicazioni sì sulle specie/varietà ma soprattutto su come abbinarle, associandone le caratteristiche: per fortuna questo ancora nessuno me l’ha copiato! E tenga presente che non era facile fare un lavoro simile. A quel tempo si faceva a mano: si batteva a macchina tutto quanto 2 volte all’anno, per il Flormart e per i privati. Adesso nel mio catalogo ho 2200-2400 varietà, ma in realtà arrivano a circa 6000. Ma non conta solo il numero. Le faccio un esempio: solo di graminacee avevamo, nel ‘76, ben 83 varietà di miscanthus. Adesso molto meno: acquisendo i semi degli appassionati di tutto il mondo all’estero, li abbiamo seminati e a volte erano varietà valide, a volte no. Abbiamo fatto una selezione.
All’inizio con diffidenza; solo un piccolo pubblico molto appassionato che seguiva i paesaggisti che le utilizzavano. Ancora adesso, a distanza di 25 anni, ho visto dei giardini di signori che ancora hanno quelle piante e questo mi ha fatto un immenso piacere. E poi grazie a Masino: bisogna togliersi il cappello per questa mostra! E’ partita subito come una mostra di qualità. Il piccolo gruppo di persone intorno ai suoi organizzatori ha diffuso conoscenze e passione raggiungendo tanti altri e infine la massa. Dopo Masino è nata l’Orticola, la Landriana, Colorno. All’inizio erano tutte mostre di alta qualità; alcune di queste ora sono diventate un pò banali. Le mostre in Italia però si stanno moltiplicando, alcune persino sovrapponendo!
Ma quali sono le mostre irrinunciabili per lei?
Oltre Masino, sicuramente Orticola e, recentissima, si è aggiunta Orticolario. Anzi, Orticolario è interessantissima: raggiunge un pubblico sconosciuto, delle zone comasche ma anche proveniente dalla Svizzera. Un bel pubblico, tra l’altro, per quello che ho notato io. Moltissimi di quelli che hanno comprato da me sono stati capaci di riconoscere le piante, di chiamarle per nome senza fare errori grossolani, come a volte capita. Era quindi un pubblico preparato. In generale comunque vedo che il pubblico italiano aumenta, ogni anno sempre di più. Il verde in Italia sta crescendo.
Raggiungeremo mai il livello di Inghilterra, Olanda e soci?
Non arriveremo mai a dove sono loro, se non forse fra 50 anni. Perché bisogna anche pensare che loro possono produrre in quel modo perché c’è un grosso mercato che spinge. In una di queste fiere locali che si organizzano in Germania, ho visto arrivare nel giro di poche ore decine e decine di pullman carichi di gente. E c’erano decine di parcheggi per pullman!
E poi c’è da considerare un altro elemento: la modalità di produrre in se stessa. E’ facile comprare le piante in Olanda, invece che crescerle in proprio. Anch’io compro dall’Olanda, ma non è sempre la giusta scelta. Loro hanno raggiunto uno standard in cui è fondamentale l’estetica, che deve essere perfetta, senza una foglia fuori posto: questo criterio sovrasta tutti gli altri. In fiere come Masino fortunamente ancora si crea interesse per una pianta bella anche se non è perfetta.
In Olanda le piante sono una vera industria, che quasi mi spaventa quando mi rendo conto delle quantità che producono, perché significa che c’è un mercato mondiale che richiede un numero di piante che noi neanche ci immaginiamo. Ho visto un’azienda con 120 mila mq di serre: possiede 8 robot che trasportano piante tutto il giorno. In quel momento stavano producendo piante per gli USA: avevano un ordine per 25mila cimicifughe. Io se forse ne ho vendute 250 l’anno, sono stato bravo, e ne ho parecchie varietà, davvero tante!! Questi robot le producevano partendo da seme. Le seminavano 2 anni prima, solo per consegnarle due anni dopo: le piantine giovanissime venivano sradicate, trasportate e coltivate in Belgio e poi consegnate agli Usa, lavate da tutta la terra. Ogni robot aveva 8 trapiantatrici che trapiantano sulle 20mila piante all’ora. 400 dipendenti, 200 fissi e 200 stagionali. Di questi 200 una parte lavora in Kenia: producono talee che arrivano all’areoporto di Amsterdam ogni mattina, per poi venire coltivate in Olanda. Un mercato che noi possiamo veramente solo sognare.
Cosa pensa della continua produzione di nuovi ibridi sul mercato?
Sono soprattutto americani. L’America è solo progresso, con niente dietro. Producono continuamente nuovi ibridi di erbacee e anche rose. Meno gli arbusti, dove invece i tedeschi sono forti. Ma noi non possiamo usare le stesse piante che usano loro: le condizioni di temperatura e altro sono troppo diverse. Noi comunque consigliamo solo le varietà di cui ci fidiamo, perché altrimenti il cliente ci può imputare un insuccesso. Tra l’altro spesso non abbiamo neanche tutte le informazioni necessarie per dare un consiglio corretto. Ci possono essere tubi sotto al terreno, o altre cose di cui il cliente ci informa solo dopo aver acquistato e piantato. E spesso non conosciamo il manutentore, dove c’è. Anche perché spesso il giardiniere non è preparato: purtroppo i giardinieri di oggi spesso sono pensionati o manovali. E succede spesso che le piante che i miei clienti acquistano vengono “perse” perché il giardiniere, che non le conosce, le taglia via, uccidendole.
Quali sono zone italiane più attive nel mondo del verde?
In Italia le zone forti per il giardinaggio sono al nord: Lombardia, Friuli, Piemonte, Emilia Romagna. Il Sud-Italia sta cercando di emergere ma per lo più sono l’Umbria e le Marche che si distinguono; ad ogni modo penso che ci vorranno ancora parecchi anni prima che si affermi un vero pubblico.
Passiamo al consumatore di oggi. Come scegliere un’erbacea perenne da mettere in giardino?
Prima di tutto bisogna capire dove si vuole mettere la pianta, quindi in quali condizioni si verrà a trovare: principalmente sole/ombra. Bisogna capire che, se si ha a disposizione un posto all’ombra, non si potrà puntare sulle fioriture, scarse in quella condizione, ma sui fogliami e sulle diverse tessiture. Le erbacee perenni sono per la stragrande maggioranza piante da sole. Una volta scelta la specie/varietà che si desidera bisogna porre molta attenzione a qualcosa che in genere si trascura: il terreno. Nel caso delle erbacee perenni infatti il terreno dove si coltivano decide spesso del loro successo. Deve essere preparato in modo da accoglierle al meglio e concimato a dovere: non occorrono concimi chimici, basta quello animale. Le erbacee perenni non sono in grado, soprattutto appena piantate, di reggere molto la concorrenza con le infestanti tipiche di un giardino, quindi nei primi tempi bisogna fare attenzione alla manutenzione. Quando poi la pianta si sarà bene assestata e avrà sviluppato una bella vegetazione vigorosa, sarà tutto più semplice.
Altro elemento fondamentale: la spaziatura fra le piante. Spesso i vivai consigliano moltissimi esemplari fitti per metro quadrato. Per le erbacee perenni questo non va bene perché hanno una crescita che le porta spesso a diventare in breve tempo il doppio di quello che appaiono al momento dell’acquisto: questo va previsto preventivando, lasciando dunque per loro lo spazio per allargarsi. E’ vero, all’inizio lo spazio progettato non sembrerà immediatamente bello esteticamente, ma la scelta sul lungo termine pagherà perché le piante, essendosi sviluppate al meglio, saranno forti e molto più belle, adattandosi al posto per cui sono state scelte. E ci faranno anche risparmiare, perché non occorrerà sostituirle.
Le erbacee perenni però hanno un difetto. Spariscono d’inverno…
E’ vero, di sempreverdi ce ne sono pochissime. Quasi tutte perdono la parte aerea (fusti e foglie) conservando solo le radici nel terreno, da cui germoglieranno di nuovo nella primavera successiva.
Cosa fare dunque nei mesi freddi?
E’ importante usare la pacciamatura, spargendo sul terreno corteccia o altro, ma attenzione: non troppo spessa, come adesso va di moda fare. La pacciamatura è stata inventata in Germania ma per un motivo tutto diverso da come la si usa in Italia. I tedeschi hanno pensato che, coprendo leggermente una superficie più vasta possibile, avrebbero mantenuto una temperatura più alta nel terreno. Invece da noi ha acquisito una valenza estetica. Anche questo fattore va valutato, ma ne basta uno strato di pochi cm, altrimenti c’è il rischio che la pianta sottostante possa marcire.