Giornate fresche: è tempo di rinvasare le orchidee
Daniela
Questi giorni di inizio estate, c’è un’operazione importante che possiamo fare con comodo a casa, senza prender pioggia. Se abbiamo delle orchidee phalaenopsis possiamo procedere al rinvaso ora, nel periodo in cui la pianta ha finito in genere la fioritura e sta creando nuove foglie e radici. Questo nuovo “armamentario” le servirà per nutrirsi e prepararsi alla successiva emissione di steli floreali. E giorni freschi (in qualche caso proprio freddi!) come questi sono ideali per rinvasare le piante, che si disidratano più velocemente quando fa caldo. Ma partiamo dall’inizio: come fare a capire se la nostra phalaenopsis ha bisogno di ricevere un vaso più grande?
Intendiamoci subito. La phalaenopsis è un’orchideaepifita: vuol dire che a casa sua, nei tropici, vive attaccata ai rami degli alberi, non piantata in terra. Questo ci indica chiaramente che per lei il vaso è cosa aliena. Ma da noi è fondamentale usarlo, perché la condizione in cui vive nelle nostre case non le fornirebbe la necessaria umidità presente nell’atmosfera dei suoi paesi originari. Detto questo, il rinvaso di cui parliamo consiste nel passaggio dal vaso di plastica della misura in cui si trova attualmente, ad un vaso identico (di plastica trasparente bucherellato) di poco più grande. Dobbiamo però sottoporre la nostra pianta a questa operazione solo se si verificano certe condizioni: un’urgenza creata da una pianta in difficoltà a cui sono marcite buona parte delle radici oppure una normale manutenzione data da un vaso troppo stretto. Attenzione però: la phalaenopsis sta “stretta” quando le radici escono fuori dai buchi sotto al vaso, evendo completamente riempito gli spazi interni alle pareti di plastica. Non stiamo dunque parlando delle radici in superficie, che spesso superano i bordi del vaso, senza che ciò rappresenti l’indicazione di un malessere. Se il rinvaso è dunque necessario, ecco come dobbiamo fare.
Prima di tutto dobbiamo dotarci di due elementi: un vaso di plastica leggermente più grande (uno, massimo due cm in più di quello attuale) e il substrato, ovvero il materiale in cui pianteremo la nostra orchidea. L’ideale è che sia nuovo e consista in corteccia o “bark”, come viene chiamata comunemente. A questo proposito, se potete, evitate tutti i substrati commerciali che si trovano nei vivai e acquistate la vostra corteccia spezzettata da un rivenditore specializzato. E’ meno pratico, è vero, ma la corteccia è e rimane, fino ad ora, l’unico “terreno” che ottimizza il drenaggio veloce dell’acqua mantenendo le radici areate e sane.
Svasiamo ora la nostra orchidea, meglio se ben asciutta, con molta delicatezza, badando a non rompere né radici né foglie, importantissimi organi di riserva di questa pianta. Maneggiandola con cura, scopriremo che alcune radici sono attaccate tenacemente ai pezzetti della vecchia corteccia. Bagnamole allora e separiamole dal legno, facendo attenzione a non danneggiarle. Se l’operazione diventa ardua e rischia di compromettere l’integrità della radice, piuttosto lasciamo il pezzetto di legno attaccato così com’è. Non sarà certo quello a creare problemi alla pianta.
A questo punto osserviamo attentamente l’apparato radicale che abbiamo di fronte. Le radici devono essere presenti in buon numero e alcune piuttosto lunghe: il colore, se la pianta viene svasata secca, deve essere un bel grigio-verde lievemente lucido, senza macchie, e terminare con una vivida punta verde. Non importa se c’è qualche rottura lungo la radice, l’importante è che sia viva e sana. Se vediamo radici secche o completamente svuotate, tagliamole con una forbice affilata (e sterilizzata) più vicino possibile al punto di origine. Approfittiamo del momento per controllare tutta la pianta, in modo da ripulirla da eventuali parassiti e verificare che non ci siano macchie scure su foglie o fusto (monopodio).
Certificato che la pianta è in forma smagliante, procediamo al rinvaso: qualche pezzetto di nuova corteccia sul fondo e poi piantiamo la nostra orchidea, riempiendo con il bark tutti gli spazi vuoti fra le radici. Facciamo attenzione a non seppellire troppo la base della phalaenopsis, per evitare ristagni di umidità. A questo punto il più è fatto. Se occorre, aggiungete uno stecco a sostegno della pianta, che avrà bisogno di qualche tempo per ancorarsi al nuovo substrato e collocatela nella stessa posizione in cui la tenevate precedentemente. Lasciate passare qualche giorno in modo che eventuali tagli si cicatrizzino e poi bagnate (per immersione) come d’abitudine. La pianta riprenderà a breve la sua crescita, più felice 😉