Sono da poco arrivati sul mercato italiano i “biocaminetti”, che trasformano la romantica prospettiva del caminetto in qualcosa di decisamente più alla portata di tutte le case. Il vantaggio infatti è che non richiede lavori di muratura per l’installazione di una canna fumaria e, in casa, trova facilmente una collocazione perfetta per il suo design: lo potete mettere su un tavolino del salotto, come fosse un qualsiasi soprammobile, oppure appenderlo al muro come un quadro o una tv. Ma perché si definisce “bio”? E quali vantaggi o svantaggi offre rispetto all’ambiente e al consumo di energia? Lo abbiamo chiesto all’Ing. Ballarini.
Il biocaminetto ha un grosso pro a suo favore, abbiamo detto, Ing. Ballarini. Si adatta praticamente a qualsiasi appartamento di città. Ma come funziona esattamente?
I biocaminetti si alimentano con il bioetanolo, che poi è il normalissimo alcool etilico. Questo combustibile brucia senza emettere residui e senza bisogno di una canna fumaria: è comunque necessaria una griglia di ventilazione del locale, come del resto per i piani cottura a gas. Quindi usarlo è semplice: si fa il “pieno”, lo si accende, e chiunque può godere del piacere di di avere un focolare domestico, anche chi vive in un bilocale in condominio.
Il bioetanolo è un combustibile molto caro: costa dieci volte la legna, almeno per il mercato italiano odierno. Utilizzare quindi il biocaminetto ogni tanto per l’estetica (lo si può equiparare ad una fiaccola) o per una scaldata supplementare va bene, ma l’impiego, considerato il costo, va dosato con parsimonia e certo non può sostituire l’impianto di riscaldamento principale della casa.
Inoltre molto spesso il bioetanolo è prodotto a partire da cereali o zuccheri quindi la perplessità che sorge è la stessa che si prova verso tutti i biocarburanti: in pratica bruciamo qualcosa che fondamentalmente è cibo, per produrre energia. Proprio in questi giorni in Nord Africa (ma il problema è globale ed va detto che la sfida del cibo di cui avete parlato ci riguarda tutti) ci sono state rivolte e morti a causa, tra l’altro, dell’aumento del prezzo dei cereali. Qualcosa che non vorremmo vedere più. Certo, il bioetanolo può essere prodotto da biomasse non alimentari, come il legname, la cellulosa o, meglio ancora, gli scarti di lavorazione dei prodotti agricoli ma, se entrasse nell’uso della maggioranza delle nostre case, il problema andrebbe valutato con attenzione.