Effettuando i loro studi, i ricercatori David Bickf e Jennifer Sheridan sono giunti alla conclusione che questo rimpiccolimento può essere messo in relazione con i cambiamenti climatici, con la variabilità delle precipitazioni e l’aumento dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Tra i primi a farne le spese ci sono organismi molto semplici, come il fitoplancton, e poi coralli, rospi, tartarughe, fino a grandi mammiferi. Qualche dato: ogni aumento della temperatura di un grado celsius porta ad un rimpicciolimento tra il 3 e il 17% di nella vegetazione, inclusi i frutti e gli ortaggi. Lo stesso incremento porta ad una riduzione delle dimensioni tra lo 0,5 e il 5% nei mammiferi e del 22% nei pesci.
”La riduzione delle dimensioni degli organismi continuerà nel futuro e sarà più evidente nelle aree dove l’innalzamento delle temperature si abbinerà al calo delle precipitazioni”, spiegano i ricercatori. Il caldo, la ridotta disponibilità di acqua, gli incendi e l’impoverimento del suolo porteranno infatti a una riduzione della crescita delle piante e questo, di conseguenza, si rifletterà su tutta la catena alimentare. Nello studio si sottolinea però che ci sono anche delle specie animali che fanno eccezione e che stanno diventando più grandi: è il caso di alcuni mammiferi, uccelli e pesci che vivono a latitudini maggiori, dove l’aumento delle temperature ha prolungato la stagione in cui è più facile nutrirsi e accrescersi.
Bickford e Sheridan sostengono che il rimpiccolimento degli organismi diventerà un fenomeno sempre più importante nel futuro con conseguenze negative anche per l’alimentazione umana. A rischio non ci sono solo i raccolti ma anche i pesci, che oggi rappresentano la principale fonte di proteine per quasi un miliardo di persone nel mondo.