Lo sviluppo delle piantine di “maria” è accuratamente documentato sulla pagina di Facebook della deputata con ben 146 foto (fino ad ora) che le ritraggono in tutta la loro verde salute. Pochissime le cure necessarie, si rallegra lei, e intanto arrivano moltissimi consigli di altri pollici verdi per far crescere al meglio le piantine. Rita Bernardini ha già deciso però il loro destino: quando fioriranno, la deputata le donerà a malati che ne fanno un uso terapeutico. La contraddizione che più colpisce la Bernardini inoltre è quella giuridica: mentre la detenzione di cannabinoidi per uso personale viene punita solo con una pena amministrativa, la coltivazione è considerata un vero reato penale. “Questo gesto di disobbedienza civile dovrebbe far riflettere sulle leggi illogiche del nostro Paese”, ha dichiarato la Bernardini, convinta della necessità di ridiscutere il tema in sede parlamentare. A questo fine, ha già presentato due proposte di legge: una che intende legalizzare la coltivazione e il commercio dei derivati della cannabis, l’altra che depenalizza la semina domestica.
Anche se di recente la Cassazione ha stabilito con una sentenza passata quasi nel silenzio che la coltivazione di una sola pianta di marijuana “non è idonea a porre in pericolo il bene della salute pubblica o della sicurezza pubblica” quindi “non punibile anche in presenza di specifiche norme di segno contrario”, in effetti il problema esiste, è innegabile, e riguarda l’intera questione “maria”. Sempre più spesso emergono utilizzi della Cannabis assolutamente validi e interessanti: in primis il suo effetto nelle terapie anti-dolore legate a malattie come Aids e sclerosi multipla, ma le applicazioni sono tantissime e si estendono dal tessile a moltissimi altri campi di interesse. Insomma, la pianta rischia di valere più del pericolo che rappresenta e questo, forse, vale una riflessione.