Fiori e Foglie

Il monologo di Celentano: l’Italia è un giardino dorato da ricostruire

Con la seconda puntata di ieri sera si è concluso lo show di Adriano Celentano, tornato ad esibirsi dal vivo dopo 18 anni per il concerto all’Arena di Verona intitolato Rock Economy. Una marea di ascolti: quasi 10 milioni di spettatori. Ma non è solo per le canzoni che Celentano era tanto atteso. E il monologo che tutti aspettavano è arrivato nella seconda serata. E le sue frasi hanno parlato di natura, di ambiente, di qualità della vita. Leggendo i commenti sui giornali stamane, non molti si sono soffermati sulle sue parole, spesso liquidate come semplici utopie. Su Fiori&Foglie potete leggere l’intero discorso del Molleggiato e farvi un’idea da soli.

Perché lo metto qui? Perché quello che ci circonda ogni giorno fa la differenza, la bellezza, la natura di cui Celentano parla è qualcosa a cui aspiriamo davvero tutti: quel contatto con il mondo che abitiamo, con quello che c’è fuori dalla finestra, con il paesaggio italiano (non quello astratto ma quello vero, fatto di monumenti, piazze, strade, città, parchi, colline, ville, borghi, castelli, giardini storici, campi, laghi, fiumi) con la voglia di ricostruire il nostro giardino-paese, di riprenderci i nostri tesori (testimonianze di storia, cultura, arte) è la via che può darci quella marcia in più per riaccendere un motore che ha già in sé tutto il necessario per poter ripartire.

“La parola magica è lo scatto, uno scatto che prima o poi si dovrà fare. Uno scatto può essere qualunque cosa, un saltino, uno scatto di rabbia o lo scatto di una scintilla, che potrebbe dar luogo a una vera e propria rivoluzione nel ripensare la nostra vita qui sulla Terra. Può sembrare un discorso utopistico, ma io credo che è proprio nelle pieghe delle utopie che si nasconde il segreto per sconfiggere la crisi che non riguarda solo il nostro paese ma l’intero pianeta. Proprio per questo è assurdo e ridicolo pensare che il casino che sta succedendo nel mondo sia dovuto alle meschine speculazioni economiche: quelle non sono altro che una crisi che ha radici molto più profonde della falda economica. Le sue onde sismiche si sono propagate su tutta la terra, dove l’unico vero epicentro è ormai dentro ognuno di noi. Noi siamo come tanti pezzi di un motore sparsi ovunque che non trovano più la via per l’assemblaggio, affinché il motore si ricomponga per la nuova messa in moto di un mondo diverso da quello che stiamo vivendo adesso”.

Adriano si rivolge ad un uomo sul palco: “Dino, tu hai capito cosa stiamo dicendo?” “Ho capito.” Risponde lui. “Cosa hai capito?”, lo provoca. “Che siamo spenti.” risponde. “Bravo!” si complimenta Adriano.

E continua: “E in effetti se ci soffermiamo a riflettere un attimo, non ci vuole molto per capire che il senso della vita il più delle volte ci sfugge. Noi adesso siamo tutti qui riuniti (quelli là sopra con lo sconto del 99%, quelli in platea che alcuni di loro si sono venduti la casa per vedere questo spettacolo)” – ironizza – “ma io mi domando, ma sarà poi vero che adesso noi siamo qui tutti insieme riuniti? Sì? Voi dite di sì? Diamo per scontato che sia vero, ma per quanti minuti ancora staremo insieme? Forse il tempo di 4-5-6 canzoni.” Fischi, grida di protesta. Ride, e riprende: “Sta di fatto che finita la serata, ognuno di noi tornerà ad essere solo nella propria casa, in attesa di qualche altro evento, tipo questo, magari tra 15 giorni o la prossima primavera, un altro evento come questo ci farà tornare a stare insieme. Ma questo non vuol dire stare insieme. Stare insieme noi tutti significa essere legati da un qualcosa che ci tiene uniti anche quando siamo soli. Solo allora possiamo dire che stiamo insieme. Ma noi questo qualcosa non ce l’abbiamo. E’ questo che non hanno capito i politici. Forse un tempo ce l’avevamo, e non lo l’abbiamo riconosciuto, ma adesso sta tornando, sarà forse l’aria di Verona che sembra ci stia accarezzando. Si tratta solo di individuare quel filo sottile quasi invisibile che però ha la capacità e la potenza di legarci tutti insieme in un unico ideale e questo significa Credere in un unico progetto, che, per il solo fatto di crederci e di amarlo tutti insieme, ci rende più felici. Ma quale progetto, direte voi?”

“Se dovessimo fare una ricerca e stabilire una classifica per capire quali sarebbero gli ideali a cui uomo aspira di più, mi viene subito da pensare che la prima cosa è, dopo l’amore, perché l’amore è più importante, subito dopo l’amore viene la bellezza del proprio habitat. Una bellezza che non può certo essere limitata dai soli metri quadrati che misura un appartamento, perché il vero appartamento non è in casa ma è fuori, dove la gente si incontra e scambia una parola, un saluto. Che valore avrebbe un appartamento con tutti i confort possibili e immaginabili se poi il contesto nel quale è inserito questo appartamento è qualcosa di orrendo come le vele di Scampia o di Palermo o Quarto Oggiaro di Milano. Dove la povera gente che ci abita dentro avrebbe diritto a ben altre case, e non prigioni dove regna la tristezza. Insomma, ciò che voglio farvi capire è che i tempi sono maturi per ribaltare completamente questo nostro apatico sistema di vita e questo lo si può fare soltanto se tutti combattiamo per la stessa idea e cioè per la bellezza delle cose, dove la verità di ciò che vive non ci viene rivelata nè dai governi nè dai politici, ma dalla vita stessa della natura che non può essere abbandonata nè tantomeno massacrata come hanno fatto fino adesso uccidendo in un colpo solo il lavoro nei campi, l’agricoltura, l’artigianato, e quindi l’arte, perché l’arte è nella natura e viene da Dio.”

Dopo una canzone, riprende il discorso: “So cosa state pensando adesso, che sulla bellezza siamo tutti d’accordo, a chi non piacciono le cose belle? Ma soprattutto vi state chiedendo come è possibile realizzare questo progetto che i politici continuerebbero a non capire e che proprio in virtù di questo progetto è possibile sconfiggere la crisi e portare un’intera nazione a sognare, portarla a sognare qualcosa che può avverarsi. Il miracolo, ha detto mio cugino là sopra” – ride – “Pensate un po’, un’intera nazione che sogna quello che sogna Dino, che sta sempre al bar che invece dovrebbe stare qui e invece sta là – che sogno può essere? Eppure non ci crederete ma, quando si è in tanti a sognare, non c’è sogno che non possa realizzarsi. Si volta verso l’uomo sul palco, indicandolo: “E lui che è uno di Via Gluck, amico di Gino Santercole, anche lui nato in Via Gluck, che ha composto tante musiche di successo come “Una carezza in un pugno”, “Svalutation”, “il Forestiero” e tante altre. Sono due ragazzi della Via Gluck ed entrambi sognano quella cosa che sognavate anche voi e che i politici vi hanno spento. Però noi possiamo riaccenderci e combattere per la ricostruzione di quel giardino dorato che era l’Italia quando venivano da ogni parte del mondo per apprezzare il nostro paese. Potevamo vivere di turismo, avevamo un patrimonio che nessuna Cina poteva e potrà mai copiarci. Però noi possiamo ricostruirlo perché è di questo che abbiamo bisogno, per non sentirci slegati l’uno dall’altro e stavolta, sentite cosa vi dico, anche i ricchi ci daranno una mano. Alcuni ricchi – voi siete sfiduciati – alcuni ricchi come Leonardo del Vecchio della Luxoctica, Benetton, Prada, lo stesso editore di questa trasmissione che è grazie a lui si è potuta fare, i padroni della Fiat: io sono certo che loro lo faranno, se non altro per dare il cambio a quei poveri cammelli da secoli condannati a passare per la cruna di un ago. Loro ci aiuteranno: in meno di cento anni riporteremo l’Italia agli splendori di una volta – non è una battuta, questa eh, cento anni passano in fretta – ed è probabile che alcuni di noi non faranno in tempo a vedere l’opera compiuta, ma la cosa più importante è un’altra, è quella di vivere giorno per giorno questa meravigliosa avventura i cui benefici si vedranno ancora prima di iniziare i lavori, dove l’effetto più immediato sarà proprio nel mondo del lavoro che, tra abbattere i disastri fatti da ogni genere di abusivismo e ricostruire ciò che era bello, ci sarà lavoro in tutti i settori per almeno 100 anni, senza contare i benefici che derivano poi dall’indotto di questa rivoluzione, a partire dall’Europa.”

“Il futuro non ha futuro se non si porta per mano anche il passato, ecco lo sbaglio che secondo me hanno fatto i politici, quel passato dove regnava la bellezza dei paesaggi. Ciò che ci serve per essere veramente moderni è un ponte, un ponte che unisca il passato e il futuro e che possiamo attraversare quotidianamente, ogni qual volta desideriamo andare dal passato al futuro o dal futuro al passato e questo non vale solo per l’ambiente ma anche per le cosiddette pari opportunità, come le chiamano i politici. A cominciare dai poveri. E’ arrivato il momento di dare ai poveri le stesse condizioni di cui godono i ricchi. In piccolo, naturalmente, è chiaro, ma le stesse condizioni di bellezza di cui godono i ricchi. Ai poveri non basta più dare una casa, bisogna dargli La casa. E dal canto loro devono cominciare a rifiutarsi di abitare in quei loculi di cemento costruiti con la benedizione di quei comuni massacratori la cui logica, per molti di essi, è sempre stata quella di barattare i principi cardine della convivenza civile con la convenienza spicciola.”

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