Il processo “migliorativo” in questione è semplice da descrivere: le nanoparticelle sintetiche si infiltrano spontaneamente nei cloroplasti, organelli delle cellule delle piante che ospitano il sistema fotosintetico, dando loro una “marcia” in più, potenziando così i loro processi di crescita. Secondo lo studio pubblicato su Nature Materials, l’utilizzo delle nanoparticelle apre inoltre la possibilità di creare materiali sintetici che crescono e si auto-riparano usando la luce del sole, l’acqua e l’anidride carbonica. Capaci quindi delle stesse abilità delle piante.
Michael Strano e colleghi del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge hanno dimostrato che nanotubi di carbonio e nanoparticelle polimeriche contenenti ossido di cerio sono in grado di perforare e penetrare all’interno dei cloroplasti, migliorando la loro attività fotosintetica. Le nanoparticelle ampliano lo spettro della luce catturata. Non solo. Le nanoparticelle sarebbero anche portatrici di altre funzionalità: per esempio potrebbero consentire alle foglie di eseguire funzioni “innaturali”, come rilevare la presenza dell’inquinante ossido nitrico.