Gli inizi della Grandi Giardini Italiani non devono certo essere stati facili, come conferma la Wade a Sara Magro di Luxury24: “Ho creato un’impresa culturale, la prima in Italia. Alla Camera di Commercio non sapevano come registrarla, e l’hanno iscritta nella categoria “zoo”.” Ma la Wade non demorde: “Ero certa che ci fosse la domanda per un turismo dei giardini, ciò che zoppicava era l’offerta, con servizi scarsi, orari inaffidabili, personale inesperto. Serviva un modello di gestione, ed è ciò che proponevo. Da allora il mio slogan è sempre lo stesso: per ogni bene culturale, ci vogliono almeno un dipendente e un computer.“
Certo, entrare nel circuito costa qualcosa: 3mila euro l’anno, per la precisione. Ma i risultati ci sono, se come dichiara la Wade, nel 2016, nei giardini appartenenti al network Grandi Giardini Italiani, “sono stati staccati 8 milioni di biglietti e sono stati organizzati 700 eventi che senz’altro hanno fatto salire il fatturato.”
Ma la mancanza di investimenti sul verde non è dovuta solo alla cronica mancanza di soldi. Quello che ancora non c’è, secondo l’imprenditrice inglese, è la vision. “Tanti Comuni gestiscono parchi meravigliosi” dichiara, “ma sono in difficoltà, e non perché manchino soldi. Il problema è che li trattano come “spazi verdi” invece che come opere d’arte. Bisogna cambiare mentalità al riguardo”. Anche se un asset per il cosiddetto turismo verde – green tourism – si sta lentamente formando nel nostro paese.
Il sogno della Wade è raggiungere la mecca del business: quotarsi in borsa. E capire che un giardino è un patrimonio a rendere. A giudicare dalle sue parole, la Wade è certa che l’obiettivo, seppur ambizioso, è a portata di mano: “Sono sicura che al mondo ci sono tante altre “Signore Wade” che volentieri sottoscriverebbero titoli per l’arte e la cultura”, dichiara nell’intervista, “ma prima devo raggiungere il fatturato richiesto. Non cerco però sponsor né filantropi, basterebbero uno o due imprenditori illuminati che capiscano l’urgenza e l’orgoglio di portare alla borsa di Londra o di New York il meglio dell’Italia.”
Una riflessione a parte: sarebbe bello che, per una volta, si trattasse di enti e aziende italiane tanto lungimiranti da investire i propri soldi nei beni culturali del nostro paese.
Il sito del Network di giardini: www.grandigiardini.it