Il confronto tra politica e imprenditori su questo tema da alcuni mesi si è fatto più che mai serrato. Alla luce del recente, sudato, riconoscimento della figura professionale del giardiniere in ambito nazionale, infatti, tutte le regioni italiane sono in questo momento impegnate a stabilire quali saranno le necessarie certificazioni standard che in tutto lo Stivale distingueranno un giardiniere professionista da un semplice appassionato del verde.
Ma la contrattazione con le figure di spicco del mondo imprenditoriale di piante, fiori e spazi verdi, non sta procedendo come ci si aspetterebbe. E la denuncia è forte e allarmante: un corso di 50 ore che, per giunta, può essere frequentato anche all’80%, toglie ogni validità alle scuole, agli impegnativi (e costosi) percorsi di studio e non considera minimamente il valore dell’esperienza acquisita da coloro che hanno già da tempo intrapreso questo mestiere. Al contrario di altre professioni, secondo questa legge inoltre, non occorrono prerequisiti specialistici per accedere al corso formativo, come ad esempio un percorso di studi attinente la materia e un tirocinio di due o tre anni nel settore (tutte attestazioni che invece un normale idraulico è tenuto a fornire).
Inoltre se in 50 ore un muratore o un pasticcere possono diventare giardinieri dall’oggi al domani, è facile intuire che non si attribuisca un gran valore al know-how di chi pratica la professione. E in questo manca un pesante dato di realtà: l’evoluzione degli spazi verdi, soprattutto nelle città, alla luce della nuova sensibilità contemporanea, richiede al contrario sempre più competenze complesse e approfondite, che appartengono a moltissimi ambiti del sapere: dalla biologia, alla fitopatologia, all’ecologia, all’ingegneria, dalle tecniche vivaistiche alla tecnologia, dalla storia dei giardini alla conoscenza degli alberi, dalla cultura del verde all’arte e al paesaggio.
Non si capisce dunque come queste variegate competenze possano essere acquisite in un tempo così risicato, che annulla il valore di una professione, quella di chi crea e lavora in parchi e giardini, che è stata un vanto millenario del Belpaese, marchio di “fabbrica” di ville, scorci e location famose in tutto il mondo.
Insomma, quella politica che dovrebbe far crescere le imprese, invece con superficialità le svaluta. L’Italia però è stanca dei tuttologi: ha bisogno invece di professionisti preparati e capaci, in ogni settore.