Le piante di pomodoro spingono i bruchi a diventare cannibali
Daniela
Si mangiano l’un l’altro piuttosto che nutrirsi di foglie. E’ il perverso comportamento autodistruttivo innescato nei bruchi dalla pianta del pomodoro, vittima vegetale che si difende producendo una sostanza che rende le foglie meno appetibili ai parassiti. Ma che ora, si è scoperto, può indurre in essi il cannibalismo, riducendo così il danno a carico della pianta. La scoperta è frutto degli studi pubblicati su Nature Ecology & Evolution da John Orrock e i collegi biologi dell’Università del Winsconsin.
Alcune strategie di difesa delle piante e le loro complesse interazioni con erbivori e insetti fitofagi sono note: ad esempio si sa che le piante attaccate da parassiti avvertono del pericolo le loro simili grazie a segnali chimici. In questo modo possono anche richiamare i nemici dei loro …nemici: è come se mettessero un cartello che pubblicizza la presenza “in loco” di molte prede. Ma possono reagire anche emettendo una sostanza chimica volatile, lo jasmonato di metile (MeJA) che avvisa le loro simili del pericolo costituito dai bruchi.
Le piante allarmate dal segnale chimico reagiscono, rendendo le loro foglie meno nutritive per i bruchi, che così crescono più lentamente. Lo stress induce gli animali ad attaccare e nutrirsi dei loro simili più spesso e prima di quanto non succeda di norma, quando il cibo si sta esaurendo. Il risultato degli esperimenti compiuti su piante di pomodoro attaccate dai voraci bruchi di una farfallina, la Spodoptera exigua, e irrirorate con lo jasmonato, ha rivelato che attivare questa strategia di difesa ha permesso alla pianta di conservare 5 volte più biomassa delle piante di “controllo”, spesso totalmente defoliate dai bruchi.
Indurre il cannibalismo negli erbivori offre molti vantaggi alla pianta: riduce il numero dei singoli parassiti e toglie loro in parte “l’appetito”. Richiede però un grande sforzo da parte della pianta, che deve “decidere” come intervenire in base al grado di pericolosità della minaccia. Gestendo le proprie difese, è come se la pianta attuasse un controllo della popolazione dei parassiti. Questo tipo di meccanismo, spiega lo studio, potrebbe essere sfruttato in agricoltura a vantaggio della diffusione di patogeni specializzati: il cannibalismo “indotto” dalle piante infatti aumenterebbe la loro diffusione e quindi la loro efficacia nella protezione delle colture.