Quando i nostri monumenti, palazzi, giardini e dimore storiche vengono ritratti dai media internazionali ad onore e vanto del Belpaese, facciamo festa. Quando visitiamo questi capolavori e li vediamo ben curati, siamo fieri. Però quando si parla dei denari necessari a manutenere questi beni che sono parte fondante della nostra cultura, allora siamo molto meno generosi di lodi. E’ capitato con le accese polemiche scoppiate sui social a proposito del matrimonio da favola svoltosi nei giorni scorsi nelle stanze adibite agli eventi della meravigliosa Reggia di Caserta, in Campania.
Per distruggere mediaticamente un lavoro che è valso al direttore Felicori e ai dipendenti e lavoratori della Reggia un sudato primato in termini di visitatori come la migliore performance fra i musei italiani nel 2017 (dati diffusi dal Ministero), è stato sufficiente diffondere sui social uno scatto (qui nel video servizio di cronaca di Bruna Varriale) che ritraeva un fiorista mentre completava la decorazione dello scalone.
Ma la foto è bastata per sollevare le solite lamentele pretestuosamente moraleggianti da parte di molti, soprattutto di chi, quel lavoro – né quello del fiorista né tantomeno quello di procurarsi risorse per manutenere un bene storico culturale in Italia dell’importanza della Reggia di Caserta – non lo farà mai. E allora via con considerazioni sul gusto (allestimenti kitsch, bene artistico “violentato”), sul denaro (svendiamo le testimonianze della nostra storia, 30mila euro di affitto sono troppo pochi, non va bene che sia un evento privato…) o addirittura l’esempio per i bambini (pieno così, mentre si allestisce un matrimonio…).
Insomma, a volte sembra proprio che sia il Belpaese il più bravo a tagliarsi le gambe da solo, mettendo in questione una carta così preziosa come quella di essere capace – per una volta – di non lasciar andare in rovina, nell’indifferenza di tutti, i propri capolavori.