Fiori e Foglie

Salva l’erborista: aperta la petizione online. Professione a rischio?

Ha superato 28mila firme in 5 giorni la petizione aperta su Change.org dal titolo “Salva l’erborista!” indirizzata al Consiglio dei Ministri. Perché l’esperto di erbe è a rischio, secondo i promotori. Il cuore del problema è il decreto legislativo del Governo che predispone l’abrogazione della legge del 1931 sulla ‘Disciplina della coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali’, unico vecchissimo testo che riconosce la figura professionale dell’erborista in Italia. Ma non tutti sono dello stesso avviso, in primis i coltivatori di erbe.

Da parte delle istituzioni la motivazione dell’intervento legislativo che tanto spaventa gli erboristi è quella di liberalizzare coltivazione, raccolta e prima trasformazione (essiccazione, cernita, taglio e distillazione) delle erbe in Italia, incentivando il settore che è in forte crescita. Nel Belpaese, infatti, nonostante ci siano condizioni ottimali per la coltivazione delle officinali, la maggioranza delle erbe vengono importate perché costano meno.

Ma l’intento positivo della politica è vivamente contestato: secondo le parole del Presidente di Unerbe Confesercenti, Maurizio Devasini, si tratta invece di “un pasticcio legislativo gravissimo, che cancella improvvisamente, dopo 90 anni di storia, la figura di erborista. Non solo mettendo a rischio un settore che conta circa 6mila imprese, ma rendendo di fatto carta straccia la laurea in Erboristeria”. Da qui la petizione online. Ma non tutti la vedono in questo modo.

Raggiunto al telefono da Fiori&Foglie, Andrea Primavera, Presidente della Fippo – Federazione Italiana Produttori Piante Officinali, sottolinea che la legge in questione, che risale addirittura all’epoca fascista, è stata già da tempo superata dai fatti: era legata ad un panorama economico che ora non esiste più. Ad oggi nessuno mette limiti alla coltivazione delle officinali. E per certificare il loro prodotto, le aziende agricole si rivolgono direttamente ai laboratori, non certo ad un erborista, che non potrebbe nemmeno indicare le tempistiche di raccolta, poiché vengono definite direttamente dal cliente, a seconda del mondo a cui appartiene, farmaceutico o alimentare.

In questo panorama di regole consolidate, afferma Primavera, le aziende agricole non possono essere vincolate a dar lavoro ad un professionista che non può offrire alcun valore aggiunto alla fase agricola della filiera. Insomma, secondo Primavera la professione dell’erborista di sicuro andrebbe rivista (anche nei contenuti normativi), ma puntando più in alto, ad un ruolo di qualità nella fase successiva a quella primaria, in cui l’erborista professionista possa distinguersi per la sua capacità di creare prodotti specifici con le erbe che seleziona dai diversi produttori.

Va infatti detto che se la legge del ’31 riconosce la professione dell’erborista, è anche vero che ne traccia limiti ormai anacronistici, come il divieto di vendere erbe officinali al dettaglio. L’erborista non può nemmeno consigliarle a fini salutistici o terapeutici se non in presenza di un farmacista. E per aprire un’erboristeria che venda prodotti a base di erbe, per legge in Italia, non occorre essere erboristi…

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