Fiori e Foglie

Agroforestazione e vino: addio vigneti senza alberi

Di solito lo trovate ad altezze vertiginose a cavallo dei rami di un albero, intento nel suo lavoro di arboricoltore professionista. Ma Stefano Lorenzi, oltre che per gli alberi, ha sempre avuto una passione per il mondo del vino. Approfondendo negli anni, chiamato spesso per la cura di esemplari monumentali all’interno di prestigiose aziende vitivinicole, ha così scoperto che, eliminando la vegetazione per far posto all’uva, i viticoltori sprecano un patrimonio importante: per l’ecosistema sì, ma soprattutto per le proprie tasche. Il tema innovativo è stato giudicato di tale interesse da essere stato selezionato per una relazione alla Conferenza Mondiale di Arboricoltura che si terrà dal 12 al 14 settembre a Malmö, in Svezia. Nel frattempo però Fiori&Foglie non è fatta scappare l’occasione di saperne di più: ecco la nostra intervista!

Stefano Lorenzi, arboricoltore professionista

Stefano, siamo abituati a vedere colline nude dove si coltivano vigneti senza traccia di alberi o arbusti, per far spazio ed esporre le viti al sole pieno. Spesso non c’è nemmeno l’erba sotto alle viti. Perché questo panorama dovrebbe cambiare?
Daniela, dal 2003 in poi come sappiamo tutti, il caldo è aumentato al punto da creare danni all’agricoltura. In primis per la siccità ma nel mondo del vino, anche per un altro fattore: l’aumento dell’insolazione ha generato un incremento del grado alcolico nell’uva. Nelle uve pregiate si fatica a scendere sotto i 15 gradi, e questo crea problemi nella commercializzazione e vendita delle bottiglie.

In questo difficile frangente, gli alberi possono essere d’aiuto sotto molti aspetti: in primis le loro chiome possono ombreggiare le viti e contrastare la siccità preservando l’umidità, e non finisce qui: gli alberi portano alla vigna la preziosa attività delle radici, la ricchezza delle micorizze (funghi che, legandosi alle radici, rendono più fertile il terreno), la regimentazione delle acque piovane tramite il drenaggio dell’acqua in eccesso, a contrasto del dannoso fenomeno delle bombe d’acqua, durante la quale le loro chiome ostacolano il dilavamento del terreno e gli effetti di grandine e vento. In questo senso, l’erba è parte integrante della protezione del suolo, quindi l’erba sotto alle viti è preziosa, va mantenuta, non bombardata di diserbanti, come era consuetudine.

Esempio positivo, le vigne all’ombra di una grande chioma, circondate da bosco e con i filari inerbiti per limitare il dilavamento di sostanza organica e il riverbero del sole

Stefano, ma l’ombreggiamento creato dagli alberi non si tramuterebbe in un costo riducendo la produzione dell’uva?
La tecnica di introdurre gli alberi, vegetazione e siepi non crea costi, ma diventa un costo se non progettato bene prima. Nei campi in piano non si mettono alberi all’interno ma esterno, oppure si creano piccoli vigneti divisi da alberi e vegetazione. Non a caso anticamente si coltivavano viti maritate ad alberi, scelti tra quelli più adatti a questo scopo (poca concorrenza radicale, sostegno robusto per i tralci delle uve, ecc). Qualche esempio di matrimonio virtuoso tra alberi e viti? Il pioppo drena gli eccessi di acqua sgraditi alla vigna, l’acero campestre ospita un acaro che trasmigra sulla vite e preda i suoi parassiti, e via così. Le siepi spinose poi possono fare la barriera fisica agli animali, attirare uccelli che predano insetti nocivi, fornire ramaglia utile.

Peraltro, questo tipo di progettazione delle vigne, tramite tecniche di agroforestazione, incentiva l’enoturismo: non solo fa comprare e bere vino, ma offre l’opportunità di organizzare nelle vigne altre attività da offrire oltre la semplice degustazione, per aumentare la permanenza del pubblico in azienda (es. pic-nic sotto l’albero monumentale, brindisi nel vigneto, attività didattica, cultura dell’albero, ecc). Non solo. Le aree alberate possono offrire redditi integrativi, grazie alla scelta oculata delle specie (il melograno per esempio).

Esempio positivo: vigne inserite in un paesaggio conservando fioriture, cespugli, siepi miste e alberi a protezione dei venti. Ecosistema in equilibrio.

Esempio negativo: monocoltura di vigna senza cespugli o alberi e biodiversità molto limitata

Sempre più i viticultori si confrontano con i danni creati alle vigne dalla fauna selvatica, in particolare a causa dell’incremento di cinghiali e caprioli. Possibile che gli alberi possano essere la soluzione?
Il territorio non può essere solo vigna, Daniela. Servono aree boschive che possano ospitare la fauna selvatica. Boschi trascurati diventano difficili da fruire per gli animali: il capriolo non mangia il novellame se ci sono i rovi, se si crea un punto acqua (ruscello e stagno), si evita che la fauna selvatica venga a cercarla nel vigneto. I boschi trascurati creano problemi al radar dei pipistrelli se troppo fitti e problemi di visibilità per i volatili predatori come il gufo. Occorre preservare le radure, oltre a pulire il sottobosco per contrastare il problema degli incendi. Tutte attività di cui i consorzi dovrebbero occuparsi: ripopolare e tenere puliti i boschi può diventare un ennesimo reddito integrativo, ricostruendo l’ecosistema e diminuendo le incursioni della fauna selvatica, a vantaggio dei vigneti.

Insomma, alberi e arbusti possono diventare preziosi alleati di chi coltiva le viti da reddito, per una serie di interessanti ragioni, valide al punto che alcuni grandi produttori di vini stanno contattando Stefano Lorenzi (stlorenzi72@gmail.com) per mettere in pratica le soluzioni di agroforestazione che ha sviluppato in collaborazione con Luca Mamprin, dottore forestale di Venezia, negli ultimi anni. Nel mondo dell’arboricoltura, Stefano Lorenzi rappresenta A.A. (Associazione Arboricoltori www.associazionearboricoltori.it) e Climbcare.eu, rete di imprese del settore.

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