Gli spazi comuni per loro natura sono potenzialmente problematici. E’ infatti facilissimo litigare se i proprietari sono più di uno. Spesso succede per esigenze differenti, ma a volte anche solo per idee diverse. Se poi parliamo di verde, le cose si mettono male.
La conoscenza media delle piante già non è molto profonda. E in moltissimi casi diverge totalmente (ma sempre con toni molto assertivi) a seconda di chi ne parla. Inoltre le spese per le aree adibite a verde sono malviste, soprattutto in tempi di “carestia”. E soprattutto da coloro che non sanno molto dell’argomento. Giudicano inutili interventi necessari, come quelli straordinari sui grandi vecchi alberi. O quelli contro gli insetti dannosi. Ma pagano volentieri cifre assurde per qualche violetta nelle ciotole di cemento. Insomma, spesso le decisioni sull’organizzazione degli spazi e sulle piante vengono prese da… uno a caso. Che ha preso a cuore l’argomento e che con passione prende in mano la situazione.
Per carità, un’ottima iniziativa ma… Siamo sicuri di sapere con quali esiti? Fra qualche anno potremmo trovarci con delle radici nella cantina. Oppure dovremo fare i conti con “piantine” trasformatesi in alberi che impediscono la vista. O al contrario saremo costretti a vedere piante stente o brutte perché piantate in condizioni non adatte a loro. E togliere gli esemplari dopo anni sarà di sicuro un costo aggiuntivo. Ma allora l’unica soluzione è asfaltare tutto o mettere autobloccanti a gogò? Certo, così si risparmia. Però si perde anche qualcosa, giusto? La qualità di vita e dell’ambiente in cui viviamo. Circondarci di cemento solo per spendere poco non dovrebbe, nel 2009, essere una soluzione accettabile.
Allora facciamo qualche riflessione. Ci sono voci di spesa che in effetti potrebbero essere limitate da una gestione più oculata. Il prato all’inglese per esempio. Per avere un prato da “green” ci vuole tanta acqua in estate e non è semplice mantenerlo rigoglioso. I nostri cugini d’Oltremanica sono agevolati da continue brevi piogge e da estati meno torride delle nostre. L’ideale dunque non è rinunciare al prato ma rinunciare a quello all’inglese forse sì. Magari scegliendo mescole di semi adatte alle condizioni della zona che si vuole coprire. Ci sono tipi d’erba che sopportano meglio la siccità di altre, altre che non richiedono tagli continui. Il terreno può essere preparato in modo da assolvere da solo o facilitare alcune operazioni di manutenzione. E non vale solo per il prato. Ci sono arbusti più contenuti di altri. Dove giocano i bambini si possono scegliere piante adatte, addirittura rose senza spine. Certe richiedono meno cure – e acqua, vedi le grasse! Alcune danno poco come fioritura ma tantissimo come colore in autunno. Altre invece si prestano bene a formare macchie di colore oppure ad offrire ombra dove serve.
Insomma, c’è parecchio che si può fare. E lo si può fare sia a livello di singola assemblea, approfondendo gli argomenti e informandosi (ormai gli strumenti sono alla portata di tutti). Ma anche rivolgendosi ad un consulente onesto, un paesaggista per esempio. Un progetto ben fatto può dare spazio alle esigenze comuni e convenire parecchio, sul lungo termine.
Consideriamo poi che, come individui, anche noi dovremmo educare noi stessi. Il nostro gusto va gradatamente abituato ad apprezzare paesaggi più consoni all’ambiente in cui abitiamo, rispetto alla semplice ricerca a tutti costi di un dato risultato. Soprattutto considerati i cambiamenti climatici ed energetici che si stanno verificando: essi renderanno ancora più difficile mantenere in piedi situazioni precarie e operare scelte superficiali. Quindi se il verde del giardino condominiale non ci soddisfa, non limitiamoci a lamentarci e a chiudere i cordoni della borsa. Cominciamo invece a fare attenzione e dedicare tempo all’argomento: sarà la nostra qualità di vita la prima a guadagnarci.