E’ un fenomeno in atto da qualche tempo. Il giardino privato è diventato un prodotto di consumo e come tale dev’essere un giardino “pronto-effetto”. Insomma, non c’è più il tempo di veder crescere gli arbusti, di godersi la crescita delle singole specie. Il giardino deve nascere già maturo, con alberi già belli e cresciuti (anzi, addirittura vecchi, vedi ulivi) e arbusti direttamente in fiore anche fuori stagione, tutto armoniosamente accostato, pronto possibilmente nel giro di due, massimo tre settimane… E dire che basta frequentare un buon corso di progettazione per farsi dire che, per la maturazione di un giardino, ci vogliono più o meno 20 anni. E allora? Spendere per avere questo tipo di giardino ha senso?
Quando si pensa al giardino ideale, si forma nella nostra mente un luogo paradisiaco, pieno di fiori e piante rigogliose, dove si respira un senso di pace e armonia, al riparo dalla fretta e dalla vorticosa routine della nostra vita. L’agognato eden di questi tempi è alla portata di (quasi) tutti: si può semplicemente comprare “chiavi in mano”. Basta avere tasche un filo profonde e piene per potersi permettere un quotato paesaggista, alberi già adulti, prati perfetti già belli che cresciuti, fiori a profusione. Ma il giardino è tutto lì, accostare piante che appaiono belle in quel momento? Forse no.
L’allarme lo fanno suonare in parecchi, da tempo, con voci più che autorevoli: Antonio Perazzi, docente di Architettura ambientale al Politecnico di Milano, ne ha fatto un tema di discussione al recente Festival della Mente di Sarzana, Paolo Pejrone, paesaggista di fama, lo grida dalle pagine di Repubblica e dai suoi libri, ricordandoci che le piante cresciute in loco sono più robuste e forti perché hanno il tempo di crescere e adattarsi alle avversità del nuovo ambiente, che richiedono dunque meno veleni per mantenersi sane, quindi meno insetticidi e pesticidi. Che non ci sarà bisogno di acquistare continuamente nuovi esemplari. Che il bello del giardino è vederlo crescere, e crescere con lui.
Intendiamoci, non c’è niente di male ad avere piante belle e fiorite subito ma non dev’essere questa la base per le nostre scelte. Pensiamo che realizzare un giardino è creare un mondo con cui dobbiamo trovarci in sintonia, che negli anni deve trasformarsi e cambiare con noi, che ha bisogno di tempo per guadagnare armonia. Che alberi e arbusti devono svilupparsi e mutare con le stagioni. Solo vivendo con loro potremo godere del fascino di questo mondo segreto, sentirci parte di un tutto dove la linfa scorre forte e generosa alla velocità del nostro stesso sangue.
E magari lasciare un pò della bellezza che abbiamo creato a chi ci seguirà, figli e nipoti. Un giardino che guarda al suo futuro, non solo al suo presente, un giardino che è progetto, che contiene una storia. Non potrà essere sempre lo stesso quadro, quello che vedremo fuori dalla nostra finestra. Altrimenti non sarà eden ma giocattolo da esibire e come gli altri, destinato a stancarci presto, lasciandosi dietro solo un’arida manciata di foglie secche.