Ecco il bio-sacchetto, (per una volta) made in Italy

“Mater-Bi”, si chiama, ed è plastica creata con sostanze vegetali: amido di mais, grano e patata. In pratica una bio-plastica, così chiamata per differenziarla dalla plastica comune, composta da polietilene, un materiale altamente inquinante poiché derivato del petrolio e per gli effetti nefasti che ha una volta dispersa nell’ambiente. E questi effetti non si limitano alla moria di animali che provocano.

Secondo un recente studio del College of Pharmacy della Nihon University in Giappone, la plastica, al contrario di quanto si crede, non rimane integra a lungo nell’ambiente ma, sotto l’azione delle intemperie (il sole in particolare), si decompone rilasciando sostanze, alcune delle quali estremamente tossiche. Negli oceani vengono assorbite dai pesci e dagli organismi marini, molti dei quali poi finiscono nei nostri piatti… E’ quindi fondamentale trovare un’alternativa alle materie plastiche tradizionali: il “mater-bi”, inventato dalla Novamont di Novara, nata da un centro di ricerca Montedison, potrebbe essere una di queste. Non per niente la ricercatrice Catia Bastioli, alla guida di questo progetto, è stata premiata dalla Commissione Europea come “Inventrice dell’Anno” nel 2007 proprio per i sacchetti in “mater-bi”.

Alla luce poi delle recenti norme che proprio la Comunità Europea sta portando avanti,  saremo peraltro costretti a cambiare alcune delle nostre abitudini, a favore di comportamenti più consoni alla protezione dell’ambiente. Il primo gennaio 2011 infatti dovrebbe scattare, nonostante la strenua resistenza da parte di lobby e produttori e i continui rinvii, lo stop definitivo alla commercializzazione delle buste di plastica non riciclabile per il trasporto delle merci, come la spesa, per esempio.

I supermercati dovrebbero offrire alternative come sportine in stoffa, carta e appunto, sacchetti in bio-plastica. Alcune catene della grande distribuzione, come la Coop, si sono già attivate. Attenzione però: i sacchetti in mater-bi sono perfetti per la raccolta differenziata dell’umido e si sciolgono dopo alcuni mesi nella compostiera da giardino, ma non vanno abbandonati nell’ambiente. Per degradarsi hanno infatti bisogno del calore sviluppato dai batteri presenti in date condizioni. La sfida dei sacchetti dunque è ancora in corso, ma di sicuro siamo sulla strada giusta e il bello è che, per una volta, si tratta di una strada tutta italiana.