Ebbene sì, oggi vi do una notizia, che ho trovato ora nelle agenzie che, per una volta, vi regalerà una botta di ottimismo. E’ tutta italiana infatti l’innovazione che arriva da Treviso: si chiamano “Wear and Toss” ovvero “indossa e butta” i vestiti che, una volta usati, si possono buttare direttamente nel compost, tra bucce di patate e i fondi di caffé.
Vestiti completamente biodegradabili che non vanno ad inquinare l’ambiente, evitando così “l’effetto pannolino” del famoso spot Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi). La chiave? Il tessuto di cui sono fatti pantaloni, divise e magliette è composto da fibre vegetali, come la cellulosa o la viscosa, e dai polimeri ricavati da olii di mais o barbabietola. L’idea è di un giovane italiano, Filippo De Martin, 39 anni, industrial designer, che insieme ad altri due under 40, Nicola Monti e Lupo Rossi, ha ideato e brevettato il rivoluzionario materiale. “Si tratta di un materiale stabile, un jersey, una maglina morbida, con elasticità e effetto drappo come i normali tessuti e la cosa notevole – fa notare De Martin – che è a bassissimo costo: una maglietta costerà al consumatore solo 2 euro”.
Il tessuto biodegrabile 100% si presta anche e soprattutto ad essere usato in ambienti di lavoro come ospedali e cliniche private, case farmaceutiche, laboratori di analisi, istituti riabilitativi, centri di cura per anziani, ossia tutte le strutture, che necessitano di materiali e capi d’abbigliamento igienici ed asettici sia per i pazienti sia per il personale, in modo da prevenire situazioni di contaminazione batterica e virale. I capi d’abbigliamento confezionati con ‘Wear e Toss’ possono inoltre incapsulare vaccini e antibiotici. Ma per portare a profitto l’idea, occorre ora un progetto industriale serio. “Cerchiamo un finanziatore che permetta l’avvio della produzione in grande scala e per questo – conclude De Martin – ci stiamo rivolgendo anche all’estero”. Adesso dunque si tratta solo di capire se assisteremo all’ennesima fuga di cervelli…