Un fiore “resuscitato” dalla preistoria? Mangiamocelo!

Silene vulgaris, tutta "da mangiare"

Quando ho letto questa notizia, Resuscitata una pianta dell’epoca dei mammuth sulla sezione Mondo di Tgcom24, mi è venuto da sorridere. Intendiamoci, ha dell’incredibile che si sia riusciti a riportare in vita, grazie a dei semi dimenticati dal tempo, alcuni esemplari di Silene stenophylla, una pianta che ha visto da vicino i dinosauri mentre vivi e vegeti camminavano ancora sulla Terra! Conservati in un buco a più di 30 metri, congelati nel permafrost siberiano, i semi di questa umile piantina sono riusciti a mantenere intatta la propria germinabilità per oltre 30mila anni… Altro che i due o tre anni che troviamo spesso indicata come durata dei semi dei fiori che compriamo nelle bustine nei garden o nei vivai!

Ma un altro pensiero mi è venuto alla mente, vi dicevo, mentre approfondivo la notizia: leggendo il nome della specie del fiore resuscitato, ho subito pensato, ebbene sì, non al giardinaggio, ma… alla cucina romagnola

Pazzia? No, semplicemente un’associazione mentale: una parente molto diffusa della nostra piantina preistorica finisce regolarmente… nel piatto di moltissimi romagnoli, da generazioni. Usata come una gustosa verdura, la Silene vulgaris, facile da riconoscere grazie ai suoi delicati fiori “a palloncino”, è un’erbacea che cresce spontanea nei prati, una tipica erba di campo insomma, che tradizionalmente viene raccolta dalle massaie per condire la pasta con le sue foglie carnose (chiamate Strigoli) o creare un accompagnamento sfizioso ripassandola in padella. Insomma, fatevi una risata, ma mi è venuto spontaneo chiedermi: chissà che sapore avrà la sua parente arcaica in un buon piatto di spaghetti?!? E dire che ho già fatto colazione… 😀