Vicini di casa: la guerra dei limoni che dura da trentanni

Avete mai discusso con i vicini per le piante? Se l’avete fatto, ci sono buone probabilità che non siate arrivati a portare avanti la questione per più di qualche settimana.  Ben diverso invece il caso che trovo ora battuto dall’Adnkronos, che ci racconta il curioso caso della guerra dei limoni fra due vicine di casa, che dura da trentanni suonati.

Succede a Bari dove due vicine di casa, Filomena D. C. e Anna P., si sono date battaglia a colpi di carte bollate, consulenze tecniche, ed eccezioni giuridiche, a causa di un agrumeto secolare le cui fronde sconfinanti suscitavano il fastidio della signora Filomena. Che, il 25 marzo del 1982 citò in giudizio la confinante Anna P., proprietaria dei limoni, chiedendone la condanna alla recisione, ad altezza muro, dei fusti e dei rami degli alberi che sporgevano oltre misura.

Le due vicine, dunque, dal lontano ’82 sono finite alla sbarra. E ci si è messa di mezzo anche la farraginosità della giustizia che, per stabilire se le fronde dei limoni dovessero essere recise o meno, ha scomodato prima il giudice di pace di Bari poi il Tribunale. Ovviamente Anna P., proprietaria del giardino di limoni, ha tentato in tutti i modi di difendere i suoi alberi e ha persino sollevato eccezioni di incompetenza per materia e valore davanti al giudice di pace pugliese. Insomma, una sentenza definitiva, tra rinvii ed eccezioni, è arrivata solo nel 2003 quando il giudice di pace di Bari, “accertata la violazione dell’art. 892 c.c.”, condannava Anna P. alla recisione, ad altezza muro, dei suoi bei limoni che sconfinavano (le venivano addebitate anche le spese di lite).

Dal 2003 sino ad oggi Anna P. ha provato in tutti i modi a difendere il giardino di limoni. Infine si è rivolta alla Cassazione, sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto disporre solo di contenere l’altezza degli agrumi entro i 2,50 metri e non ordinarne la recisione. Piazza Cavour ha bocciato la tesi difensiva e ha messo la parola fine alla ‘guerra dei limoni’ dopo trent’anni.

In sintesi, la Suprema Corte ha spiegato che “l’art. 896 c.c. riconosce espressamente al proprietario del fondo sul quale si protendono i rami degli alberi il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo”. E “non rileva in alcun modo – ha spiegato ancora la Cassazione – la sussistenza di muro divisorio, proprio o comune, esistente sul confine, in quanto, ai sensi dell’art. 892 c.c., le piante devono essere tenute, in ogni caso, ad un’altezza che non ecceda la sommità del muro stesso”.

E voi che ne pensate?