La benzina prodotta a partire dalle coltivazioni non è vantaggiosa né moralmente accettabile, ma oggi oltre il 6% dei cereali prodotti nel mondo diventa biocarburante. E’ quanto è emerso da una elaborazione del Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn), su dati Oecd/Fao 2011, che stima la produzione cerealicola attuale in 2,245 miliardi di tonnellate in crescita a 2,633 miliardi di tonnellate al 2020, quando le derrate alimentari destinate a produzione agroenergetica saranno oltre il 7%. “Un paradosso del nostro tempo che non possiamo più permetterci se 868 milioni di persone non hanno cibo”. Lo ha detto in un incontro sull’accesso al cibo promosso dal quarto Forum di Barilla in corso in questi giorni a Milano, Riccardo Valentini, membro del panel intergovernativo sul cambiamento climatico, che ha condiviso il premio Nobel per la Pace 2007 coi ricercatori Ipcc, e oggi advisor del Bcfn.
“La produzione di biofuel – ha aggiunto – è una idea vecchia, con un beneficio reale di molto inferiore rispetto alle attese. Oggi sappiamo che l’efficienza energetica è del 10%, quando va bene arriva al 20%. L’idea quindi di risolvere la questione dell’autosufficienza energetica negli Stati Uniti e in Europa attraverso le agroenergie non esiste più. Proporre questo modello di sviluppo oggi all’Africa sarebbe come vender loro una automobile scassata. Interessante, piuttosto, è il riciclo dei rifiuti, un modo intelligente per non sprecare quanto già sprecato”, ha concluso Valentini.