Nessun pericolo di inquinamento nei campi circostanti coltivati a mais non geneticamente modificato e la conferma che questo tipo di mais è resistente al parassita. Sono i principali elementi che emergono dalle indagini scientifiche sul primo campo di mais Ogm coltivato in Italia a Vivaro (Pordenone), di proprietà di Silvano Dalla Libera, Vicepresidente di Futuragra, e presentati ufficialmente in questi giorni. Il pericolo più temuto dagli agricoltori “anti-ogm” insomma sembra non sussista se vengono rispettate precise distanze di sicurezza.
Le analisi sono state svolte da Tommaso Maggiore, già Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee dell’Università di Milano, e da Roberto Defez, ricercatore presso il Cnr. “I risultati sono interessanti – ha detto Maggiore – e confermano i valori già rilevati in Italia nel corso di diverse prove sperimentali. Come previsto, gli ibridi Ogm non hanno presentato nessuna traccia di attacco di Ostrinia nubilalis, il lepidottero comunemente noto come piralide che infesta le coltivazioni di mais tradizionale e genera micotossine estremamente tossiche per l’uomo.”
Oltre che sane, le analisi indicano che le piante di mais ogm non riescono a contaminare altri campi di mais non ogm se questi si trovano a distanza di sicurezza: “oltre i 15 metri dalla fonte di emissione non si riscontra inquinamento da polline. Questo significa che per ottenere la coesistenza è sufficiente bordare i campi di mais geneticamente modificato con un massimo di 20 metri di ibridi non Ogm, una superficie che va mantenuta anche per evitare di favorire lo sviluppo di resistenze nelle popolazioni di Ostrinia nubilalis”.
Defez aggiunge però che “bisogna precisare che le analisi effettuate sul campo di Vivaro hanno uno scopo puramente dimostrativo, da cui non possono emergere valori scientifici assoluti ma solo prove di campo comparative su una realtà aziendale. Per valutare le varietà più adatte all’ambiente italiano è infatti fondamentale prendere in considerazione contemporaneamente vari materiali genetici da più località e portare avanti una vera e propria sperimentazione sul campo, che in questo momento in Italia – ha concluso – è totalmente azzerata”. Basterà per rassicurare il fronte anti-ogm?