“Se non interveniamo subito, rischiamo di avere in futuro viti sempre più deboli“. Risultato: vini scadenti. E’ questa la prospettiva che l’Italia, leader nel vino, si troverà di fronte nel prossimo futuro se non cambia direzione ora: lo sostiene con forza il prof. Attilio Scienza, docente e ricercatore di viticoltura all’Università di Milano. Insomma per l’esperto docente, occorre una svolta nel modo che abbiamo di gestire le viti e produrre l’ottima uva che ci dona bottiglie e marchi conosciuti in tutto il mondo, parte integrante della cultura che viene dalla terra del Belpaese. La chiave per questo vitale cambiamento nel mondo del vino è una sola: la scienza.
L’idea è che una viticultura competitiva ma anche compatibile, sostenibile, di alta qualità e sana si ottiene solo sposando la ricerca, l’innovazione scientifica e tecnologica. E’ questo il messaggio focus dell’attività del Wine Research Team (WRT), progetto voluto da Riccardo Cotarella, presidente dell’Assoenelogi e dell’Unione mondiale degli Enologi, a cui aderiscono 35 aziende vitivinicole, tra cui quella di Massimo D’Alema. Il WRT è l’organizzatore di un forum tenutosi di recente a Villa Sandi, a cui erano presenti, fra gli altri, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, il presidente della regione Veneto Luca Zaia, il presidente della Federvini Sandro Boscaini e Bruno Vespa.
Per Riccardo Cotarella il problema è che “nel mondo dell’uva e del vino sono ancora presenti un certo numero di “consiglieri” improvvisati e assolutamente impreparati che mal informano i produttori. Spesso risultano imbroglioni, una sorta di sciamani e rabdomanti. Per questo c’è la necessità di istituire strutture che portino alla vera sostenibilità, alla compatibilità, al mantenimento di una elevata qualità attraverso la scienza”.
Le sperimentazioni scientifiche del WRT vertono ora su molti fronti e molte si basano sul “potenziamento” delle piante – per ottenere super viti che sviluppino maggiore resistenza alle malattie, riducendo così il ricorso a trattamenti chimici che comunque, si è visto, sul lungo termine perdono di efficacia, e per renderle più resistenti a siccità e calcare. Particolare attenzione alla terra, al suolo della vigna: allo studio la sua biodiversità per evitarne l’impoverimento e migliorare la fertilità. E poi nuove tecniche per la produzione di vino senza solfiti e una piattaforma di raccolta dati su tutti i lavori in vigna.
Dal Ministro la conferma che la direzione verso il vino italiano sostenibile, biodiverso e high tech è condivisa ad alti livelli, con lo studio della pianta della vite come centrale nel Piano nazionale per le biotecnologie sostenibili, finanziato con 21 milioni di euro.