Hanno più di 30 anni i 160 alberi di kaki (Diospyros kaki) piantati a suo tempo lungo le strade dei quartieri Oltretorrente di Parma. E si sa, in questa stagione i ricchi frutti arancioni fanno bella mostra di sé sui rami spogli di questi potenti alberi, come curiosi alberi di natale da mangiare, incantando chi li osserva. Il problema però arriva poco dopo, quando i grossi frutti maturano e cadono ai piedi della pianta, sporcando inevitabilmente i marciapiedi e rendendoli scivolosi. Se si trattasse di alberi coltivati in campagna, i frutti verrebbero immediatamente raccolti per tempo e, se così non fosse, avrebbero sotto comunque un prato, ma nel momento in cui questi alberi da frutto si trovano in un viale di città, il discorso cambia. Considerato il problema, il comune di Parma ha dunque deciso di abbatterli. Ma i cittadini si sono opposti.
Grazie ad associazioni sul territorio, privati cittadini e un consigliere che si è fatto portavoce della protesta, il Comune ha fatto marcia indietro. I cittadini si sono infatti accollati l’onere di raccogliere i frutti dei kaki, in modo da eliminare il disagio e così gli alberi non verranno abbattuti.
Scrivo qui di questo piccolo interessante episodio perché, sebbene sia bello che questi alberi annosi siano stati salvati, porta alla luce un problema legato alla scelta delle specie e alla manutenzione che questa scelta porta con sé. Se l’idea di piantare un albero da frutto in città (in America ci sono addirittura movimenti che propugnano fortemente i fruttiferi in ambito urbano) sembra estremamente bella per tutta una serie di ragioni condivisibili, a monte va anche fatta una riflessione su cosa comporterà questa scelta rispetto ai costi, costi di raccolta non rinviabili che ci saranno ogni anno poiché gli alberi da frutto sono produttivi fino a tarda età.
Nel caso di Parma gli abitanti dei quartieri si sono accollati questo onere, ma questo dato merita una riflessione: nel momento in cui la scelta di mettere dei kaki in quei quartieri è stata fatta a progetto, non sarebbe stato opportuno condividerla con cittadini e associazioni sul territorio?
Con questo non dico che gli alberi da frutto non siano coltivabili in città, ma sicuramente non sono i viali con i loro marciapiedi il posto giusto dove farli crescere – se non c’è un supporto “dal basso” che li usi come spunto per attività e socializzazione della comunità (una festa dei kaki per il quartiere, magari?), soprattutto in tempi di crisi. E c’è un altro dato da considerare, ci ricorda la paesaggista Elisabetta Pozzetti: “Frutta e ortaggi coltivati in città risentono degli inquinanti tipici degli spazi urbani, quindi l’idea di coltivare la città incontra questo forte limite che deve essere valutato a priori”.
A Parma gli alberi di kaki avrebbero una vita molto migliore in un parco urbano, dove sarebbero peraltro liberi di sviluppare appieno la fantastica struttura di rami e di chioma che è loro propria e che li rende così spettacolari in autunno senza dover essere costretti negli stretti spazi di un viale di passaggio. Occorre dunque riflettere e informarsi bene – prima di piantare un albero, valutando in primis non l’estetica ma se le caratteristiche della sua specie – da adulta! – sono compatibili con lo spazio e le cure che potremo dargli per molti anni a venire.