Festa dell’Albero: città e cittadini tra paura e desiderio di verde

21 novembre: oggi è la Giornata Nazionale degli Alberi. Ma è cronaca di questi giorni: gli alberi cadono, gli alberi sporcano. Però sono quella natura tra il cemento che ci fa bene alla salute e aumenta la nostra qualità della vita in città. E sono belli. Risultato: siamo combattuti tra l’ammirazione, il desiderio di verde, e il potenziale rischio che un albero imponente di fianco a casa o nei pressi di uno spazio pubblico può rappresentare, soprattutto in presenza del meteo estremo di questi ultimi anni.

Perché una sicurezza matematica, assoluta e totale sulla stabilità degli alberi al momento non siamo in grado di averla. Ma degli alberi le città non possono proprio fare a meno, anzi, ne vorremmo piantare molti di più. Ma metterli a dimora non basta: per averne tanti, stabili e in salute, bisogna conoscerli e rispettarne le esigenze fisiologiche.

Il cambiamento climatico ha favorito il ripetersi di eventi meteorologici fortemente impattanti: grazie alle “bombe” temporalesche, sul suolo cade tantissima acqua in poco tempo. Nelle nostre città le superfici, rivestite di asfalto e cemento, sono diventate impermeabili e favoriscono fenomeni di allagamento e dilavamento. I pochi spazi verdi cittadini, come le aiuole dove crescono gli alberi, sono ristrette, piene di auto parcheggiate che coprono e compattano il suolo. A Milano le aiuole sono addirittura rialzate, il che rende ancora più complicato l’assorbimento da parte del terreno delle acque meteoriche, che lunghe siccità hanno reso asfittico. Risultato: gli alberi così non possono bere.

Si dirà che se l’albero è sano, resiste. Ma gli alberi di città spesso e volentieri non splendono di salute: soprattutto gli esemplari annosi hanno subito negli anni potature sconsiderate, amputazioni radicali fatte dai cantieri, ferite ad opera delle auto, grazie ad una scarsa competenza sia nelle amministrazioni che tra gli esperti, spesso “pescati” da ambiti non specifici, e anche alla profonda e diffusa mancanza di cultura del verde. 

La paura dei cittadini diventa spesso ciò che guida la mano delle amministrazioni pubbliche, che intervengono con abbattimenti o potature insensate anche solo per il timore delle responsabilità che potrebbero essergli contestate. Anche il consulente professionista interpellato si sente portato verso scelte radicali, temendo di subire a sua volta conseguenze legali. E i social network fanno da cassa di risonanza, obbligando tutti a prendere decisioni in poco tempo, sull’onda del diffuso mal di pancia digitale.

L’arboricoltore è una figura recentissima e nemmeno ancora del tutto patrimonio comune. E’ da pochi anni che abbiamo capito che gli alberi in città necessitano di una gestione e di competenze specifiche. Che mettere l’albero giusto al posto sbagliato può costarci davvero caro. Che alberi e piante dovrebbero essere insegnati a scuola, che la botanica fa parte dell’educazione civica. Che gli alberi non sono solo alberi: sono querce, faggi e betulle. Che hanno un nome che ne definisce specie e “carattere”, che dovremmo tutti conoscere, anche solo per sapere “chi” cresce sotto casa.

Un far west frutto dei nostri tempi che dovrà essere sanato. Come? Facendo crescere la cultura dell’albero nell’uomo comune, affinando l’utilizzo di specie e varietà, migliorando il contesto dove farli crescere in sicurezza. E se l’albero cade? Che sia chiamato a farne perizia per il tribunale non un agronomo o un architetto, ma un arboricoltore certificato, che alla salute degli alberi dedica ogni giorno della sua vita.

L’augurio per il giorno della Festa dell’Albero? Che l’Albero sia trattato non da cornice ma sempre più da vitale protagonista del nostro quotidiano.