Il mondo della coltivazione in questi anni sta subendo grandi cambiamenti. Strutture organizzate di orti urbani stanno sorgendo nelle cinture esterne delle città, permettendo a coloro che abitano in piccoli appartamenti e non possiedono spazi all’aperto di proprietà, di affittare un pezzetto di terra dove far crescere ortaggi e fiori. Un modo per recuperare quell’antico contatto con la natura che la modernità ha smarrito, con una visione slow che rifugge i ritmi frenetici e ossessivi della quotidianità.
Non che gli orti siano una novità, ma sicuramente stanno cambiando faccia, trasformandosi in vere e proprie comunità, con servizi e tecnologie che rendono lavorare la terra un impegno meno gravoso e sempre più alla portata di tutti. L’accesso all’acqua e all’energia elettrica permette impianti di irrigazione e sorveglianza, mentre il mercato sviluppa sempre più prodotti modificati e confezionati per essere utilizzati anche in piccoli spazi come i banchi da orto rialzato accessibili ad anziani e persone con ridotta mobilità, micro impianti solari, specie e varietà vegetali in grado di produrre molto anche con poco ingombro, sacchi di terricci speciali e concime organico (come lo stallatico pellettato da 5 kg e non solo da 25!), che si possono comodamente mettere nel carrello della spesa, e tanto altro.
Ed ecco che, oltre alla parcella dell’orto, si può anche usufruire in loco di corsi per imparare a coltivare con profitto, di spazi di aggregazione dove conoscersi condividendo le esperienze comuni o semplicemente rilassarsi e godere dei frutti della terra. Nessuna barriera d’ingresso per i potenziali ortisti: a differenza degli orti tradizionalmente offerti dai comuni, il pezzetto di terra proposto da questo tipo di strutture può essere affittato di chiunque lo voglia, qualsiasi ISE o età abbia. Unica condizione: coltivare con entusiasmo.
I vantaggi degli orti urbani di moderna concezione non si fermano peraltro al netto miglioramento dell’umore e alla salute di chi li lavora: più attenti al decoro, strutture di questo tipo, che guardano più alla creazione di una community che non al semplice affitto di suolo, riqualificano spesso aree trasandate o abbandonate al limitare delle città, ridanno la loro funzione naturale ai piccoli appezzamenti agricoli (spesso destinati a parcheggio, aumentando le superfici impermeabili e l’effetto isola di calore), favoriscono l’integrazione tra persone di diversa estrazione sociale e provenienza geografica, ricostruendo il microtessuto sociale che allontana la solitudine e crea legami che poi si traducono in una maggiore coesione sociale, reciproco rispetto, presidio e protezione del territorio.
Un fenomeno interessantissimo, che le amministrazioni dei comuni, in tempi di casse vuote e riduzione dei servizi al cittadino, hanno tutto l’interesse a favorire: sempre nel rispetto delle leggi, ma – e questa è la vera sfida – cercando di adattare i consueti regolamenti al dinamismo di questa nuova realtà, generata dal “basso”, e ricca di potenzialità tutte da scoprire.