Li divora dall’interno e, mentre nulla traspare alla vista, si nutre dei loro tessuti fino a comprometterne la sopravvivenza. Non è il copione di un film d’orrore ma l’opera distruttiva della larva del tarlo asiatico che attacca gli alberi, invisibile alla vista finché ormai non è troppo tardi. L’allarme contro il coleottero Anoplophora è diffuso ormai da alcuni anni: e la lotta contro l’insetto è durissima perché rende inevitabile l’abbattimento. Ma c’è una nuova arma a cui forse nessun botanico avrebbe mai pensato: usare il fiuto dei cani. In base agli ultimi studi infatti, si è scoperto che le piante attaccate dal parassita emanano un segnale chimico che si diffonde come un odore particolare. Ed è possibile addestrare i cani per individuare questa “scia” e scoprire così gli alberi in pericolo.
Sta succedendo in questi giorni a Prato, dove in un parco sono stati impiegati dei cani addestrati per il monitoraggio di un focolaio di tarlo asiatico che ha già portato all’abbattimento di 46 alberi. Già, perché il tarlo è di bocca buona: attacca una quantità di specie arboree preziose (betulle, carpini, ontani, meli, platani, pioppi, e persino lauroceraso e rose) che coltiviamo facilmente in città come nei nostri giardini.
Il controllo, ha spiegato il Comune, è stato effettuato da personale della Regione, accompagnato per la prima volta in Toscana da alcuni cani, specificatamente addestrati da un’azienda svizzera, che riescono a riconoscere la pianta malata dall’odore che essa emette quando la larva del tarlo si trova ancora all’interno e non è quindi visibile.
I cani salva-alberi sono di 6 razze diverse: “Ognuno di loro è specificatamente addestrato” – ha spiegato il Ceo dell’azienda svizzera Carmelo Colletti – e “la reazione al rinvenimento del tarlo cambia a seconda del cane chiamato ad operare: alcuni di loro una reazione ‘passiva’, sedendosi di fianco all’albero, altri invece reagiscono in modo attivo, iniziando ad abbaiare”.
Sito della Regione Lombardia: scheda del servizio fitosanitario sul tarlo asiatico