Il Ministro dell’Agricoltura Bellanova negli scorsi giorni ha ribadito in un post su Facebook (ebbene sì, la politica ora passa dai social) che aprire al pubblico i punti vendita di vivai, garden-center e negozi di fiori è consentito su tutto il territorio nazionale, qualsiasi sia il loro Ateco, precisazione che si è resa necessaria dopo la rivolta dei fioristi, non compresi nel Codice attività in questione. E la domanda sorge spontanea: sì ma, aprire a chi, considerate le restrizioni al movimento del pubblico che dovrebbe fornire, alla richiesta dei vigili, una autocertificazione un po’ difficile da spiegare?
A questo si aggiunge il piccolo inciso al termine della frase del Ministro: ciò vale in tutta Italia “salvo o almeno dove non prevalga una norma locale“. E qui la questione si complica: peccato infatti che ogni Regione abbia deciso in autonomia se accettare il DPCM del Governo e renderlo valido o meno sul proprio lembo dello Stivale…
La Lombardia per esempio ha subito sbarrato le porte, con il risultato che multe e verbali sono fioccati alle riaperture “illegali” (che però lo Stato consente!) di garden, vivai e negozi di fiori, e lo stesso ha fatto la Regione Veneto, scatenando la rabbia delle aziende – secondo i dati del servizio del 16 marzo di Tgr Veneto, sono in 1500 che perderanno oltre 200 milioni di euro di fatturato – che speravano nelle vendite di Pasqua. Rabbia espressa da Daniele Salvagno, presidente di Coldiretti Veneto, che sul piatto ha messo anche l’altro lato spinoso della questione: la vendita di piante e fiori nei supermercati non fa spesso ricorso al prodotto locale. La Gdo non sarebbe quindi uno sbocco per le aziende florovivaistiche italiane in un momento di così forte difficoltà, ma solo una beffa.
ORTO NON ESSENZIALE?
Peraltro in molti supermercati, per inciso, si possono acquistare le piantine da orto – “essenziali” senz’altro (e in concorrenza con garden e vivai!) – che però, per dare raccolto, va piantato proprio ora. Un pezzetto di terra coltivato potrebbe essere d’aiuto nella provvista delle verdure fresche delle famiglie: peccato che l’unica regione che consente di recarsi nell’orto fuori dalle mura domestiche è la Sardegna. Un tasto che potrebbe rivelarsi parecchio dolente a breve: il blocco ha infatti reso impossibile l’arrivo dei braccianti stagionali dai Paesi dell’Est, e i mancati raccolti agricoli, accompagnati dai rincari, si faranno sentire presto sugli scaffali. Sul tavolo c’è la proposta di impiegare i cittadini agevolati dal reddito di cittadinanza, che certamente però non accetterebbero la paga di un immigrato…
PARCHI GIUNGLE
E mentre i florovivaisti buttano via tonnellate di piante fiorite pronte per una primavera deserta, che non donano a nessuno per il timore di perdere il diritto ai futuri risarcimenti, il settore della manutenzione del verde è sempre più in perdita. Eppure di lavoro ce ne sarebbe. Di fronte a parchi pubblici che diventano giungle, i consigli comunali di alcuni comuni chiedono deroghe al Decreto per questione di forza maggiore e i condomini fanno pressione sui professionisti. Nei prati e negli incolti, con l’arrivo del caldo, spunteranno presto alcune specie vegetali allergeniche: iniziano quindi a diventare necessari i tagli che per ora nessuno può fare… Mentre molti si chiedono quanto sarebbe rischioso permettere a giardinieri, e perfino arboricoltori, dotati di tutte le protezioni, di lavorare in splendida solitudine tra le aiuole o i rami degli alberi.
Situazione drammatica, quella del blocco, che mette a rischio un comparto, quello dei manutentori del verde che, secondo la denuncia presentata da Confagricoltura ai tavoli di Bruxelles, fattura circa 1,8 miliardi annui a livello nazionale e dà lavoro a circa 40mila addetti. Ogni mese di fermo, quindi, rappresenta in media la perdita di non meno di 150 milioni di euro di giro di affari.
Una situazione, quella dell’emergenza Covid-19, che mette in luce la complessità di un settore, quello del Verde, estremamente diversificato, difficile da inquadrare in modo univoco anche in tema di restrizioni.