Passa dalla cura e dalla coltivazione professionale delle piante il percorso di reintegro nella società dei detenuti nel carcere di Bollate. Daniele Bossari è andato a visitare la struttura alle porte di Milano che si propone come esempio da seguire nell’offrire una nuova modalità di vita per coloro che devono scontare una pena: non in ozio perenne chiusi nelle celle, ma in attivo sforzo per imparare un mestiere e potersi proporre all’esterno del carcere come individui utili alla società. Continua a leggere
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Zucchine dietro le sbarre: l’orto si fa in carcere
In principio era una serretta, piccola iniziativa di un detenuto pollice verde e di un agente di custodia. Ora è un orto vero e proprio, rigoglioso di zucchine, cetrioli e melanzane: ortaggi a volontà che crescono insolitamente dietro alle sbarre di un carcere, quello di Torre del Gallo, casa circondariale a Pavia. E i raccolti vanno all’esterno, persino con gruppi d’acquisto. I guadagni vengono reinvestiti nell’orto stesso, con il supporto della direzione del carcere. L’orto infatti viene considerato in questo contesto un’occupazione di tipo riabilitativo: prendersi cura in prima persona di qualcosa che cresce, giorno dopo giorno, dal seme al frutto, offre un incentivo alla speranza e alla voglia di ricominciare in chi vede spesso la propria vita come un fallimento senza fine. Continua a leggere
Fiori dietro le sbarre: quando il carcere diventa vivaio
Al carcere di Bollate è in corso da due anni un silenzioso esperimento, strabiliante e di per sè rivoluzionario. I detenuti possono lavorare coltivando piante in serra. Ma non si tratta di un modo per tenerli occupati senza costrutto. I frutti di questo lavoro vengono venduti al pubblico nel negozio a Milano, tramite uno stand presente alle mostre-mercato oppure online, sul sito della Cooperativa Bollate, all’indirizzo www.cascinabollate.org che riporta, pianta per pianta, l’intero catalogo. Ma come fanno dei detenuti a lavorare “fuori”? Continua a leggere