Dalla strada una punta a triangolo svetta contro il cielo e già capisci che quello che vedrai è destinato a sfidare il tempo, come le monumentali tombe dei faraoni egizi. Materia solida fatta di muri lisci interrotti solo dai faretti, atrii e cortili, percorsi e passaggi racchiusi tra gli archi. La geometria rigorosa delle forme, simboli universali eppure aperti ad ogni interpretazione, è nuda di decorazioni in un complesso di sapore neoclassico, che parla di sogni, utopia e vocazione all’eterno circondato da viottoli, radure e svolte in una pelle vegetale: è il Labirinto di Franco Maria Ricci, la sua opera a presente e futura memoria costruita pezzo pezzo con i suoi averi in quel di Fontanellato, vicino a Parma, nel corso degli ultimi dieci anni, e aperta al pubblico dalla fine di maggio. Continua a leggere