Li chiamano “frutti dimenticati” e non è un eufemismo. Centinaia sono le varietà di frutta che non esistono più, o perché non sono abbastanza produttive in coltivazione oppure perché non hanno l’aspetto che impone il “gusto globalizzato” che richiede il mercato. Eppure la frutta dimenticata (come del resto gli ortaggi dimenticati) è un patrimonio culturale e genetico di inestimato valore: i pochi che l’hanno capito da anni stanno facendo, dalle più varie discipline, un grande lavoro di certosino faticoso recupero, quasi mai sostenuto da enti e istituzioni. Con la consapevolezza di tutto questo, leggo con grande piacere un’agenzia di oggi che parla di uno chef francese che ha deciso, non solo di creare, come hanno fatto altri, un archeo-frutteto recuperando gli alberi che producono queste preziose varietà antiche, ma di creare un vero e proprio menù con un ricco ricettario ottenuto esplorando tutte le possibilità che i gusti di queste curiose mele storiche consentono in cucina.
Lo chef Blanc, proprietario del celebre Le Manoir aux Quat’Saisons, due stelle Michelin a Great Milton nell’Oxfordshire in Inghilterra, ha infatti assoldato 20 esperti per mettere alla prova e ”cucinare in ogni sorta di modo possibile” migliaia di varieta’ di mele, tra cui 200 cultivar ”perdute”, che finiranno nelle tavole del suo locale in un menu’ da 140 sterline a coperto.
Tre quarti dei frutteti britannici – si è lamentato Blanc con il Sunday Times – sono andati perduti negli ultimi 50 anni e la colpa è dei supermercati che insistono su certe forme, dimensioni, consistenza e colore, limitando la potenziale ricchezza genetica della frutta. Esistono in Gran Bretagna 2.700 varietà di mele, per la maggioranza condannate all’estinzione dallo sviluppo immobiliare e dalle rivoluzioni in agricoltura. Il primo acro del frutteto ‘storico’ di Blanc e’ stato piantato in aprile, con circa 90 varieta’, ma un altro centinaio di varieta’ sara’ aggiunto in seguito, assieme a mele cotogne, pere, prugne, pesche, albicocche, fichi, ciliegi, intervallati da sentieri bordati di lavanda.
L’obiettivo – annunciato agli abitanti di Great Milton nel bollettino parrocchiale – e’ di raccogliere i frutti di 3.000 alberi il primo anno, per arrivare a 8.000 alberi in totale. L’esperimento di archeo-frutticoltura si avvale della consulenza di esperti agronomi: Barrie Juniper, in pensione dal dipartimento di Scienze agrarie di Oxford, ha suggerito l’inserimento della mela di Shakespeare (la “Leathercoat”, popolare nel Seicento, appare fugacemente nel secondo atto dell’Enrico IV), un frutto dall’apparenza molto irregolare, ”che difficilmente si vedrebbe sugli scaffali di supermercati come Tesco” o della ‘Devonshire Quarrenden’ del diciasettesimo secolo: ”granulosa” e ”non una gran bellezza” da vedere, ma dal ”delizioso sapore” (di fragola) per il palato.