A vederla sembra una comunissima petunia, una delle tante che adornano in estate i nostri balconi assolati. E invece ‘Edunia’ è un’esemplare decisamente speciale: nelle sue “vene” infatti scorre sangue umano… A dirlo così, sembra di precipitare in un film in stile Frankenstein. Invece è tutto vero. La petunia metà pianta e metà uomo esiste davvero ed è il frutto della Bioarte di Eduardo Kac, artista le cui creazioni sfuggono alla generale denominazione di opera artistica. Kac infatti usa strumenti molto particolari per i suoi lavori: provette e formule, tipiche del lavoro degli scienziati, più che degli artisti.
L’idea di Kac è stimolante e inquietante insieme: creare un legame fisico con altre forme di vita, come quella vegetale e, con l’aiuto dei geni, dare origine a nuovi esseri viventi. Da qui nasce ‘Edunia‘, una petunia nel cui DNA l’artista ha inserito una parte del proprio codice genetico: dunque un fiore ibrido, che esprime, nelle intense venature dei suoi petali, anche una piccola parte del suo “creatore”.
Non meno clamore ha suscitato un’altra delle sue “opere”: il coniglio verde (progetto GFP Bunny). Anche in questo caso il DNA di Alba, il coniglio transgenico albino, è stato alterato: artificialmente è stato inserito il gene di una medusa fluorescente, motivo per cui l’animale, se illuminato da una luce particolare, appare completamente verde. Nel progetto Essay Concerning Human Understanding invece si studiano le relazioni tra un canarino e un filodendro: attraverso dei sensori, il canto del canarino arriva alla pianta, e le influenze elettromagnetiche prodotte dal vegetale sono simultaneamente restituite alla gabbia dell’animale.
I lavori di Kac si pongono pericolosamente sul limite estremo della sperimentazione genetica scatenando grandi dibattiti sul confine morale della manipolazione del DNA e delle sue possibili conseguenze. Curiosi? La controversa Bioarte di Kac è presente per la prima volta in Italia alla mostra Living works, fino al 25 settembre al Pav (Parco di Arte Vivente) di Torino.
Il sito di Eduardo Kac: www.ekac.org