Se i giardini italiani vanno in borsa

A Wall Street un domani vedremo verde. E non sarà per il colore dei dollari americani, ma per quello, ben più vivo e fresco, dei giardini italiani. E’ il sogno che Judith Wade, la fondatrice inglese del circuito Grandi Giardini Italiani che conta 124 giardini storici e contemporanei del Belpaese. In un’intervista al Sole24Ore, la Wade racconta la sua esperienza nella creazione di un’attività ora avviata ad entrare in borsa, nel gotha del business al pari delle aziende più forti e grandi del paese. E per i giardini, in Italia da anni relegati sotto la colonnina “costi” – ben lontana da quella “ricavi”, sarebbe di certo una grande novità.

Judith Wade di Grandi Giardini Italiani

Gli inizi della Grandi Giardini Italiani non devono certo essere stati facili, come conferma la Wade a Sara Magro di Luxury24: “Ho creato un’impresa culturale, la prima in Italia. Alla Camera di Commercio non sapevano come registrarla, e l’hanno iscritta nella categoria “zoo”.” Ma la Wade non demorde: Ero certa che ci fosse la domanda per un turismo dei giardini, ciò che zoppicava era l’offerta, con servizi scarsi, orari inaffidabili, personale inesperto. Serviva un modello di gestione, ed è ciò che proponevo. Da allora il mio slogan è sempre lo stesso: per ogni bene culturale, ci vogliono almeno un dipendente e un computer.

Turisti alla Reggia di Caserta

Certo, entrare nel circuito costa qualcosa: 3mila euro l’anno, per la precisione. Ma i risultati ci sono, se come dichiara la Wade, nel 2016, nei giardini appartenenti al network Grandi Giardini Italiani, “sono stati staccati 8 milioni di biglietti e sono stati organizzati 700 eventi che senz’altro hanno fatto salire il fatturato.”

Ma la mancanza di investimenti sul verde non è dovuta solo alla cronica mancanza di soldi. Quello che ancora non c’è, secondo l’imprenditrice inglese, è la vision. “Tanti Comuni gestiscono parchi meravigliosi” dichiara, “ma sono in difficoltà, e non perché manchino soldi. Il problema è che li trattano come “spazi verdi” invece che come opere d’arte. Bisogna cambiare mentalità al riguardo”. Anche se un asset per il cosiddetto turismo verde – green tourism – si sta lentamente formando nel nostro paese.

Il sogno della Wade è raggiungere la mecca del business: quotarsi in borsa. E capire che un giardino è un patrimonio a rendere. A giudicare dalle sue parole, la Wade è certa che l’obiettivo, seppur ambizioso, è a portata di mano: “Sono sicura che al mondo ci sono tante altre “Signore Wade” che volentieri sottoscriverebbero titoli per l’arte e la cultura”, dichiara nell’intervista, “ma prima devo raggiungere il fatturato richiesto. Non cerco però sponsor né filantropi, basterebbero uno o due imprenditori illuminati che capiscano l’urgenza e l’orgoglio di portare alla borsa di Londra o di New York il meglio dell’Italia.”

Una riflessione a parte: sarebbe bello che, per una volta, si trattasse di enti e aziende italiane tanto lungimiranti da investire i propri soldi nei beni culturali del nostro paese.

Il sito del Network di giardini: www.grandigiardini.it