Li hanno chiamati “boschi temporanei“: sono gruppi di alberi in vaso collocati in zone della città dove il verde è praticamente assente. Con le loro chiome fanno ombra ai cittadini e turisti stremati da questa estate bollente in aree dove gli alberi proprio non ci sono. E’ questa l’idea realizzata all’ex dogana Scalo Merci di San Lorenzo, in collaborazione con l’Università La Sapienza e il Comune di Roma. Sono 100 alberi di varie specie quelli dell’istallazione verde “incaricata” di contrastare lo smog e rendere più vivibile la capitale. Ma l’idea sarà buona?
Diciamo subito che qualsiasi iniziativa che porti la natura in città è benvenuta: a Roma questo è valido in particolar modo, considerato il progressivo annientamento delle annose alberate cittadine denunciato sui social. Anche altre grandi città non si salvano: potature, interventi insensati e trascuratezza stanno amputando i viali urbani della loro copertura verde rendendoli aridi e anonimi nastri d’asfalto. E di questo c’è poca consapevolezza. Alla luce di questa situazione, un bosco temporaneo costituito da alberature in vaso è un’idea che permette lo spostamento degli alberi in qualsiasi momento e quindi può rivelarsi una soluzione utile a tamponare l’emergenza sia in termini di qualità dell’aria che di vivibilità di aree inospitali cementate della città, oltre a dare evidenza comunicativa all’importanza della presenza del verde.
Quindi, evviva il bosco temporaneo. Aggiungo però un paio di riflessioni. La parola chiave qui però è “emergenza“. Di sicuro non si può pensare che un albero possa vivere in vaso per sempre, soprattutto se i vasi in questione sono di dimensioni contenute, che permettono di ospitare la zolla delle radici e poco più, in modo da agevolarne lo spostamento. Questi alberi potranno sopravvivere tuttalpiù per 2 o 3 anni, ma non certo svilupparsi e far crescere una chioma importante che possa fornire compiutamente gli ecoservizi che tanto desideriamo da loro. Tanto più che non sono state scelte specie che da adulte raggiungono dimensioni compatte: i vasi dell’ex-dogana ospitano sì betulle, ma anche sughere, lecci, allori, querce e persino… faggi (alberi che si alzano oltre i 30 metri). Si spera che quando il vaso non sarà sufficiente, gli esemplari verranno finalmente piantati in terra e sia dunque previsto un “ricambio” del bosco temporaneo.
Inoltre la vita di un albero in vaso dipende profondamente dalla manutenzione esterna: a differenza dei “colleghi” che abitano le aiuole cittadine, gli alberi in vaso non possono procurarsi acqua e nutrienti da soli indagando le profondità del terreno con le radici. Dipendono quindi in tutto e per tutto dalle cure dell’uomo, che dovrà intervenire nel modo corretto quando il clima è molto siccitoso – bagnando di più – o piovoso – bagnando di meno. Che dovrà fornire risorse nutritive. E che dovrà preoccuparsi di malattie e parassiti a cui questi alberi, più deboli rispetto ai compagni in terra, saranno più soggetti. E della loro stabilità in presenza di forti venti. Tutto questo dovrà essere garantito… sempre, pena un disseccamento veloce. E dalle foto nel servizio de La Repubblica, alcuni esemplari appena collocati già evidenziano sofferenza e in alcuni le radici stanno già uscendo dal fondo del vaso… Segno che la pianta ha abbondantemente raggiunto lo sviluppo massimo consentito dal contenitore e ha dunque necessità di un rinvaso, già ora…
La funzione che dunque ci si aspetta da questi boschi temporanei, che nelle intenzioni verranno spostati “on demand”, sarà dunque soprattutto quella di ombreggiare d’estate ma, come tutte le istallazioni, non potrà che essere “a tempo” in vista di soluzioni definitive, sperando che un giorno le nostre città siano talmente ricche di verde da non averne più bisogno.
La pagina del sito dell’ex-dogana dedicata al bosco temporaneo: www.exdogana.com/bosco-temporaneo/