Per Natale Amaryllis rivestiti di cera? No, grazie.

A volte bisogna saper dire di no alle invenzioni del mercato. Che in tema di piante e fiori danno il loro peggio proprio ora, sotto le feste, quando urge l’idea regalo. Ed ecco che saltano fuori estrose soluzioni per trasformare le piante da esseri viventi in oggetti usa-e-getta. Un esempio fresco fresco di quest’anno? La proposta dell’Amaryllis in una versione “pronto consumo”. Il bulbo a cipolla di questo imponente fiore viene venduto rivestito interamente di cera colorata, con un bigliettino che proclama trionfante “No Water!”. Molto glam, molto comodo, molto letale.

E la cera – disponibile in mille finiture, lucida, vellutata, metallizzata, da intonare con il divano, il tavolo, le pareti… non basta. Spesso il bulbo viene infilzato su un treppiede di ferro, così da renderlo stabile sul piano dove verrà collocato… Se dunque la disidratazione e la mancanza di terra non lo uccideranno, lo farà il danno ai tessuti vegetali inferto con la ferita che gli è stata procurata, proprio al cuore.

Perché tutto questo? Perché l’Amaryllis è una pianta robusta e forte, ed è in grado di sopravvivere a questo trattamento brutale quel tanto che basta per la soddisfazione di breve termine del “consumatore”. Gli Amaryllis non sono ovviamente le uniche vittime vegetali di questo tipo di barbarie: provate a pensare alle piante grasse dipinte, alle famigerate orchidee fintamente blu (vendute a caro prezzo!), ai cactus a cui sono incollate (o infilzate!) decorazioni varie, alle sanseverie trasformate in matite colorate. L’elenco è lungo e doloroso. Per chi ha un minimo di sensibilità, è quasi come trovarsi di fronte all’obitorio di CSI.

Sudafricana di origine, l’Amaryllis è una bulbosa che dà origine a capaci steli cavi che portano corolle a campana simili a enormi gigli. Ed è in grado di farlo quasi “a comando”: basta acquistarla adesso nel suo vaso con il germoglio già formato ed esporla in casa alla luce, in modo che abbia il tempo – da 3 a 6 settimane – di sviluppare i grandi fiori. E quando si apriranno, sarà una vera festa per gli occhi.

Peccato però che, per portare a termine la fioritura, l’Amaryllis “pucciato” nella cera sarà costretto a dar fondo a tutte le proprie energie. E sappiatelo, i fiori non dureranno quanto i loro compagni coltivati in terra. Esausto, il bulbo non avrà alcun modo di essere idratato o di nutrirsi delle sostanze presenti nel terriccio a causa del rivestimento in cera, che ne decreterà la morte per fame e sete. Sarebbe come se ci tappassero bocca e naso! Seccati i fiori, sarà pronto per il cassonetto, insomma. Se invece ce ne prenderemo cura nel vasetto in cui è piantato, il nostro Amaryllis avrà l’opportunità di recuperare sostanze nutritive grazie a foglie e radici e di rifiorire l’anno prossimo a primavera, rendendoci esseri umani (non meri consumatori di merci) felici ancora e ancora.

E facciamo pure un pensiero sulle scoperte scientifiche di questi anni, che dicono che le piante non sono esseri insensibili, anzi: reagiscono e comunicano tramite segnali elettrici e chimici tra di loro. Alla luce di tutto questo, deve crescere la nostra consapevolezza rispetto alla vita che condividiamo con le altre specie sulla Terra. Perché alla fine il mercato siamo noi.

Per le feste dei bei bulbi fioriti rivestiti di cera quindi? Assolutamente NO, grazie!