Esistono tante piante “curative” che fanno parte della tradizione delle famiglie italiane, tramandata da generazioni per sanare problemi di salute senza ricorrere ad un medico. Ora questo sapere antico – in particolare quello diffuso tra il XIX e il XX secolo – è stato messo sotto la lente della scienza moderna dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche). Lo studio, pubblicato nei giorni scorsi sul Journal of Ethnopharmacology, ha sostanzialmente confermato la bontà dei rimedi popolari grazie all’accertamento dell’efficacia di alcune piante – come girasole, sambuco e artemisia – contro emicranie, cefalee e mal di testa.
Queste piante in particolare contengono sostanze che si comportano come i medicinali antinfiammatori non steroidei che vengono in genere prescritti contro queste patologie.
Dichiara Giuseppe Tagarelli dell’Isafom-Cnr che “componenti organici quali flavonoidi, terpenoidi, fenilpropanoidi, sembrano poter bloccare, in vivo, i mediatori chimici coinvolti nell’insorgenza delle cefalee”. Dallo studio dunque si evince che circa l’80% delle piante utilizzate dalla tradizione presenta componenti in grado di contrastare i meccanismi alla base del mal di testa.
Peraltro quello dei rimedi popolari legati all’uso di alcune piante è un bagaglio di sapere che ha radici antichissime, testimonianza di un incredibile trasferimento di informazioni nel tempo. Secondo lo studio, infatti, “circa il 42% delle piante utilizzate dalla medicina popolare italiana per la cura della cefalea era già in uso nel periodo tra il V secolo a.C. e il II d.C., come testimoniano tra gli altri Ippocrate e Plinio il Vecchio”.