Ferrara: un orto in galera per rieducare chi sconta la pena

“Quando si pensa agli orti segreti di Ferrara il pensiero corre immediatamente ai conventi e ai monasteri di clausura, a una tradizione antichissima di silenzio e contemplazione mistica. In realtà l’orto più inaccessibile della città è decisamente più giovane e rumoroso, è coltivato da uomini italiani e stranieri che tra una vanga e un filare di pomodori cercano la socialità e la manualità schietta a cui forse non sono più abituati, in una parola la normalità”: così parla Licia Vignotto, organizzatrice di Interno Verde, evento che invita alla scoperta del verde di Ferrara, svoltosi nel weekend del 12-13 maggio appena trascorso, che ha fatto tappa laddove meno ci si aspetterebbe: in una prigione.

Tra i giardini “segreti” ferraresi visitabili durante “Interno Verde”, ce n’è uno normalmente chiuso al pubblico seppure in mezzo alle case: quello dei detenuti del carcere di Via Arginone, separato dalla città da torrette di guardia e filo spinato. E’ lì che è nato GaleOrto, l’orto curato e cresciuto da chi sta scontando una pena, perché “coltivare l’orto per chi è detenuto è una straordinaria opportunità di crescita”, ha dichiarato Loredana Onofri, responsabile del settore educativo della casa circondariale di Ferrara.

Il potere rieducativo del verde del resto è noto, e si moltiplicano da tempo le esperienze che portano piante, fiori, ortaggi tra le mura degli istituti di pena. Prendersi cura di una pianta, di un ortaggio, di un fiore, e condividere i sentimenti che genera questo impegno riporta l’umanità in un ambiente che spesso l’ha persa di vista. E permette così che la punizione non si trasformi in un totale annientamento della persona, ma in un’attività che offre oggi fiducia nel futuro e un domani, come professione, occasione di riscatto.

Nella prigione di Ferrara, dopo l’orto, stanno già pensando ai prossimi passi, ipotizzando l’apertura di un laboratorio per la trasformazione degli alimenti, o per l’utilizzo creativo del materiale vegetale, in modo che l’esperienza dell’orto possa diventare un vero e proprio lavoro.

Un esempio milanese simile è quello del Carcere di Bollate, dove all’interno delle alte mura, c’è addirittura un vivaio rinomato, che produce piante di qualità e che è visitabile dal pubblico a cadenza regolare tutto l’anno.