Papaveri, distese di rossi petali come carta velina che festeggiano ogni anno la fine dell’inverno. Amatissimi, i papaveri selvatici (Papaver rhoeas) fanno parte della memoria delle campagne, quando coloravano i campi di grano. Ora invece, sfrattati, questi fiori vagabondi colonizzano gli spartitraffico e gli incolti di città, dove da qualche tempo per legge non si possono più usare gli erbicidi di sintesi. Per questa loro natura, in Francia i papaveri – i coquelicots – sono diventati un simbolo, quello della lotta ai pesticidi.
Al grido di “Nous voulons des coquelicots” (Rivogliamo i papaveri!), alla testa del movimento che sostiene il rispetto per la terra come parte essenziale non solo dell’attività agricola ma della vita stessa, c’è Pierre Rabhi, appassionato coltivatore di origine nigeriana pioniere in Francia dell’agricoltura biologica ed ecologica. Rabhi sostiene che i vantaggi in termini produttivi dell’uso dei pesticidi sono controbilanciati da un devastante impatto sia sull’ambiente che sulla salute umana, richiedendo nel tempo, per difendere le colture, dosi sempre maggiori di veleni, che inquinano terreni e acque delle falde.
Al contrario, l’utilizzo di rimedi biologici, seppure più costoso, permette all’agricoltore di recuperare guadagno con prodotti secondari che in presenza degli erbicidi non esisterebbero (api, fiori selvatici ecc.), e nello stesso tempo impedirebbe lo sviluppo di resistenze nei parassiti facendo da stimolo all’azione dei predatori naturali.
L’appello dei Papaveri – che con la sua Pagina Facebook ha raccolto più di 30mila adesioni – invoca quindi la mobilitazione popolare, massiccia e pacifica, contro le decisioni dello stato che favoriscono i pesticidi, stimolando ogni città francese ad unirsi alla lotta – a partire da quella verso il famigerato Glyphosate, che nel 2017 ha ottenuto la proroga dalla Ue per altri 5 anni – per far sì che in Francia ne sia bandito l’uso per legge. E si sa, da quelle parti le rivoluzioni sono una cosa seria…