Uno dei grossi problemi, quando si coltiva per produrre, è che nel campo, portati dal vento, arrivano spesso i semi di piante infestanti. Inizia così una lotta strenua (e impari!) per eradicarle, spesso tramite diserbanti selettivi, in modo da ottenere una coltivazione “pulita”. Una battaglia ardua contro i meccanismi della natura che comporta pesanti costi, non solo in termini di mercato ma anche in termini di salute a causa dei residui che questo tipo di prodotti possono lasciare sui vegetali che consumiamo. Le ultime ricerche però aggiungono un aspetto da valutare: tanta biodiversità tra le piante infestanti aiuterebbe a ridurre le perdite di produzione delle colture grazie alla reciproca competizione tra specie.
E’ il concetto premiato da una ricerca italo-francese triennale pubblicata sulla rivista Nature Sustainability dai ricercatori del Gruppo di Agroecologia dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Istituto nazionale di ricerca agronomica (Inra) di Digione, in Francia. Lo studio suggerisce che la riduzione di resa delle colture dovuta alle erbe spontanee non sia da imputare tanto alla loro presenza, quanto dallo scarso numero delle specie.
Comunità di specie più diversificate produrrebbero minori danni perché ci sarebbe maggior competizione tra loro. Mediante un miglior uso delle risorse disponibili e l’occupazione delle cosiddette ‘nicchie ecologiche’, le erbe spontanee impedirebbero a quelle particolarmente aggressive e competitive di diventare dominanti, e quindi di causare ingenti riduzioni di produzione. Attraverso la biodiversità funzionale e il rispetto degli equilibri ambientali, quindi, la natura può lavorare per noi, permettendo di mantenere o migliorare le rese agricole con meno diserbanti.
Nella foto di apertura: ai bordi dei campi di mais, in Olanda, si lascia spazio a piante selvatiche per incrementare la biodiversità.