Giardini e cortili a secco per l’ordinanza siccità: ha senso?

Il verde vivo porta acqua. Per sua natura, senza bisogno di nulla d’altro. Ben lo sanno in Africa, dove, per arginare il deserto e aumentare l’umidità, stanno creando una cintura d’alberi. Lo sanno bene gli agricoltori come Ernst Götsch che in Brasile ha trasformato ettari ed ettari di un arido terreno da pascolo in una rigogliosa area produttiva introducendo alberi e arbusti secondo i principi dell’Agroforestry. In Italia in nome della siccità, stiamo facendo l’opposto: niente più acqua per giardini e aree verdi. Molti comuni stanno riducendo all’osso il prelievo di acqua per bagnare le piante… E così quei pochi polmoni verdi potrebbero non sopravvivere a quest’estate asciuttissima con temperature che sfiorano i 40 gradi. Ha senso?

Intanto subito un fatto. Le chiome vegetali sono preziose perché proteggono il suolo dal dilavamento come uno scudo, che ripara dal sole e rinfresca la temperatura, contrastando l’evaporazione dell’acqua. La maggiore umidità permette così la vita di insetti, animali, e permette che i semi germoglino, creando un nuovo ecosistema che, crescendo, si espande e traspira acqua dai tessuti. L’acqua evapora, sale e si condensa in nuvole che poi scaricano la pioggia che cade sul terreno e il ciclo ricomincia.

Ora, proprio a seguito della carenza di piogge, non si bagnano più gli spazi verdi… ovvero si mettono in crisi proprio le piante, che più di tutto, contribuiscono a creare le condizioni necessarie per l’avvento delle precipitazioni. E parliamo in un ambito, le nostre città, dove asfalto e cemento hanno reso impermeabile la maggioranza delle superfici. Insomma, sembrerebbe proprio un modo poco furbo di darsi la zappa sui piedi…

Certo, occorre distinguere: il razionamento vale per l’acqua potabile, non per quella d’irrigazione. Il problema è che in Italia si contano sulle dita di una mano le case e i condomini che possiedono il doppio impianto (spesso obbligatorio all’estero), uno per l’acqua potabile e l’altro per le acque grigie destinate agli usi non alimentari (lavatrice, scarichi, giardino ecc.). In buona sostanza quindi l’acqua potabile in realtà noi cittadini la buttiamo tutti i santi giorni… nel water! E senza un pensiero…

Risultato: le aree verdi private rischiano di tramutarsi in angoli secchi, rendendo l’ambiente ancora più asciutto, quando in realtà ciò che dovremmo fare è cambiare per legge il nostro modo di usare l’acqua. Continuare a usare la potabile per tutto non può più funzionare. La siccità di questo passo potrebbe costarci parecchio, oltre a compromettere preziose isole di biodiversità create con investimenti anche ingenti.

3 risposte a “Giardini e cortili a secco per l’ordinanza siccità: ha senso?

  1. giustissimo.uno dei pochi paesi al mondo che usa acqua potabile x gli sciacquoni. il doppio scarico dei lavabo da cucina esiste da decenni.nn pervenuto agli organi competenti.un condominio ne sperpera migliaia di litri l’anno.ripensiamoci bene a TUTTO

    • ciao Alberto, mi interessa il concetto del doppio impianto, che ho ‘in mente’ da tempo: ci sono degli schemi esemplificativi?

  2. L’ho già scritto più volte, ma prendo spunto per ripeterlo, domandandomi perchè i responsabili della programmazione del verde e dei parchi a Milano, e più in generale in Lombardia, insistono a voler mantenere la vegetazione cosiddetta “autoctona” (prevalentemente latifoglie a foglia caduca, cioè facenti parte del cosiddetto “castagnetum”) quando essa fatica ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche conseguenti al Global Warming..?
    Sarebbero invece molto più adatte al nuovo clima le essenze vegetali facenti parte del cosiddetto “lauretum” ossia ulivi, lecci, pini marittimi, cipressi, oleandri e, perchè no, magari anche palme….
    In questo modo, non sarebbe più necessario sprecare acqua per irrigare i parchi nel sempre più torrido e prolungato periodo estivo, mentre il timore che questo tipo di vegetazione “mediterranea” non riesca a sopportare i rigori invernali avrebbe sempre minor significato, per il semplice motivo che i mesi invernali denotano anch’essi un marcato aumento di temperatura, e perciò sono MOLTO meno rigidi che in un tempo passato.. Ciò, sempre per effetto del Global Warming unitamente a quello dell’Isola di calore urbana.
    Vegetazione mediterranea offrirebbe anche il vantaggio di essere sempreverde, perciò con un ciclo vegetativo anche in inverno, il che sarebbe benefico per mitigare lo smog invernale. Inoltre, trattandosi di arbusti (ulivi, lecci, oleandri, ecc.) meno imponenti di quelli cosiddetti “autoctoni” (ipocastani, platani, tigli, ecc.) essi sarebbero anche meno vulnerabili nel caso delle ricorrenti tempeste estive che ahinoi sono sempre più intense e devastanti, come si è visto anche questa estate…..
    Insomma, ogni clima ha la sua vegetazione, il clima di Milano da temperato fresco si sta trasformando in temperato caldo con forse persino qualche aspetto di clima subtropicale: perchè insistere con questa storia della vegetazione “autoctona” cara a molti architetti paesaggisti, che si rifiutano di prendere atto dei cambiamenti climatici ?

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