Più biocarburanti, più fame nel mondo. Un’infelice equazione portata alla luce dal rapporto “Chi paga il prezzo dei carburanti verdi” di Actionaid, in cui vengono delineati i problemi legati all’aumento del mercato dei biocarburanti, la cui produzione è basata sull’impiego di colture alimentari (soia ecc). Secondo le stime della Banca Mondiale, infatti, la produzione di biocarburanti sarebbe responsabile per il 75% dell’aumento dei prezzi che ha portato alla crisi alimentare. Secondo Actionaid occorre dunque che i Paesi impegnati nella produzione e nel consumo di biocarburanti adottino una moratoria su una loro ulteriore espansione. Occorre infatti che, prima di procedere oltre, le Nazioni Unite abbiano pienamente valutato l’impatto a livello globale di queste fonti energetiche, e che sia data piena garanzia del rispetto dei diritti umani delle comunità coinvolte e dell’ambiente nel quale esse vivono.
Le più recenti statistiche, spiega ancora il rapporto, evidenziano come il numero di affamati nel mondo sia costantemente aumentato, passando dagli 854 milioni nel 2006 a oltre un miliardo all’inizio del 2009; dal gennaio 2007 ad oggi, la malnutrizione cronica è invece aumentata al ritmo di due persone al secondo. La corsa a soddisfare le attuali necessità di approvvigionamento attraverso biocarburanti da parte di Stati Uniti, Canada ed Europa ha alterato in modo persistente i mercati dei prodotti alimentari: due terzi dell’aumento globale della produzione di mais tra il 2003 e il 2007 e circa un terzo del mais prodotto negli Stati Uniti, sono stati trasformati in etanolo. In termini di prezzi, il costo della maggior parte dei generi alimentari, spiega il rapporto, è salito alle stelle, facendo registrare un aumento dell’83% tra il 2006 e l’inizio del 2008 con un conseguente aumento delle persone che soffrono la fame di oltre 100 milioni nel solo 2008.