La forma degli alberi? E’ la punta che decide

albero_struttura510

La punta di un albero decide come far crescere i rami e loro le obbediscono, in un regime di assoluta, rigorosa, gerarchia. E’ così che un albero si sviluppa in armonia, al meglio delle sue possibilità: e tutto questo è ancora più evidente quando ammiriamo in autunno questi giganti vegetali ai bordi delle nostre strade. Man mano che si spogliano delle foglie, emerge la loro struttura più essenziale. Scopriamo così che la “testa” dell’albero ha il massimo potere quindi, e, come un vero e proprio architetto, fa in modo che i rami crescano modificando man mano l’inclinazione e la lunghezza fino a raggiungere quelli ideali. La punta di un albero dunque non va mai tagliata, pena il caos “gerarchico” che ne potrebbe compromettere seriamente la salute e dunque, cosa fondamentale, la stabilità. 

La dominanza della punta negli alberi è uno dei concetti chiave emersi dalla relazione della ricercatrice francese Jeanne Millet presentata al Convegno tenutosi il 30 settembre a Bergamo. Tema, un affascinante viaggio alla scoperta delle piante arboree.

albero_chioma510

Il risultato delle “scelte” della punta (detta “freccia”) sarà un mix tra le informazioni genetiche che ne dettano la struttura contenute nel Dna, e l’adattamento alle condizioni ambientali che includono gli elementi naturali (composizione del terreno, fenomeni atmosferici, provenienza della luce, accesso all’acqua ecc) come anche l’eventuale vicinanza di altri esemplari.

Spesso però, osserverete, gli alberi vengono potati e spesso, soprattutto in città, la punta viene tagliata. Cosa succede a quel punto?

Gli effetti, dimostra la Millet nella sua relazione, sono devastanti. I rami, non avendo più un “capo”, cominciano a disorganizzarsi, a crescere in modo disordinato, si formano tanti rametti (ricacci e scopazzi) fragili e caotici, la chioma perde la  bella forma tipica della specie e un altro ramo più debole cerca di rimpiazzare la freccia perduta. E non si tratta di un problema estetico ma statico: l’albero prova a reagire all’amputazione più grave cercando di ritrovare l’equilibrio e non sempre ci riesce. Nel momento in cui la punta non domina più, l’albero deve riorganizzare la propria struttura: ci mette anni a farlo e il risultato non sarà mai ottimale come se la pianta non avesse subito interventi.

E se invece potiamo i rami bassi, per far sì spazio alle macchine?
La Millet ha la risposta pronta: se proprio si deve fare, l’albero da potare deve essere adulto e va sempre ricordato che gli procureremo un trauma, una cicatrice che porterà per sempre. Molto meglio scegliere la specie giusta – quella con ingombro e forma della chioma più adatta – al posto giusto, invece. Nell’albero giovane poi il danno è molto più serio, perché i rami bassi nella fase giovanile della crescita, servono da “magazzino” per le sostanze nutritive. Nel momento in cui vengono amputati, i giovani alberi rallenteranno di molti anni la loro crescita, riducendo l’arco della propria vita.