Meno consumo d’acqua: la direzione verso cui si stiamo muovendo è questa, come conferma anche il giardino premiato al Chelsea Flower Show 2016. I cambiamenti climatici ci obbligano a ripensare i nostri spazi verdi, siano essi giardini o terrazzi, in particolare mettendo in questione alcune scelte classiche. Una su tutte? Il prato, grande consumatore di acqua nei giardini, e le piante da fiore che nei ristretti vasi su balconi e terrazzi soffrono mortalmente la sete appena il caldo comincia a insistere sulle città. La nostra scelta delle piante deve dunque cambiare: pensiamoci ora, prima che arrivi il caldo africano! Questo tipo di approccio al verde si chiama “dry gardening” e non implica necessariamente sacrificare bellezza, anzi: secondo gli esperti di Viridea, può tradursi in una scelta di stile e design.
Il nostro pianeta è formato al 70% di acqua, ma quella potabile è veramente poca. L’acqua è un diritto di tutti nel presente e nel futuro; è importante evitare di sprecarla e di inquinarla. L’acqua piovana, ideale per le piante, può essere indirizzata dalle grondaie in un bidone o in una cisterna interrata. Si possono recuperare anche le acque prive di detersivi, per esempio quelle di bacinelle in cui è stata lavata la verdura, da utilizzare per vasi e fioriere.
Optare per il dry garden o giardino secco può essere d’aiuto: invece di un praticello stentato, meglio una bella pavimentazione di ghiaia e legno con grossi massi e con elementi d’arredo eleganti, di design. Grandi amiche del dry garden sono le piante grasse, con il plus di richiedere meno cure. Le piante possono essere poche, ma spettacolari e poco esigenti: cactus dalla splendida silhouette spinosa, specie come agavi e aloe dalle foglie succulente che resistono al caldo più rovente, arbusti mediterranei generosi (oleandri, buddleja, alloro, corbezzoli), conifere mediterranee come il ginepro e il tasso che tollerano bene il gran caldo e la sete.
Nel dry garden in versione “terrazzo” si possono coltivare anche le palme: Chamaerops humilis, la palma di San Pietro, è uno dei campioni di resistenza alla sete, tollera perfettamente le condizioni difficili causate dalle alte temperature, dalla siccità e dall’incuria. Scultoree e resistenti sono anche le Yucche e il Dasylirion, una specie originaria dei deserti messicani, con foglie sottili ed elegantissime ma anche davvero indistruttibili persino nelle temibili isole di calore urbane.
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Lavanda, resistente alla sete
In vasi profondi, dove le radici sono meno sensibili alla siccità, non possono mancare le aromatiche profumate, tipiche dei caldi giardini mediterranei: origano, maggiorana, lavanda, mirto, artemisia, finocchietto, erba cipollina… I fiori sono scelti fra quelli più resistenti e durevoli: gazania, heuchera, elicriso, cleome, lantana, gaura, valeriana rossa; tutte specie oggi facilmente reperibili in un buon garden center e davvero super facili da coltivare, oltre che generose di fiori fino all’autunno. Miscelate con graminacee (Mischanthus, Stipa e altre) formano aiuole spettacolari che rimangono splendide nei giorni del caldo più impietoso.
E il prato? Come abbiamo detto nel dry garden non c’è. In alternativa all’erba utilizzate piante tappezzanti e belle come timo, rosmarino, graminacee. E se proprio volete il prato, preferite le erbe che sopravvivono con poca acqua: Festuca, Gramigna e Zoysia.
Il dry gardening, nelle tante declinazioni che può assumere in funzione dello spazio e del gusto personale, unisce alla bellezza uno spirito di profondo rispetto per le risorse naturali, per affrontare al meglio i cambiamenti climatici e rendere lo spazio esterno piacevole, elegante e con esigenze quasi zero.
DRY GARDEN – Il consiglio di Viridea
• Nel dry gardening, alla scelta di piante molto resistenti si associa un sistema di irrigazione automatizzato a goccia, microspruzzi o tubo poroso che consente un sensibile risparmio sul consumo idrico in quanto si riesce a fornire l’acqua in modo molto localizzato dove c’è più bisogno. Il terreno rimane quindi sempre leggermente umido e ciò consente di conservare fertilità. Saranno sufficienti, complessivamente, minori apporti idrici rispetto a quanto è richiesto da un suolo soggetto a un’alternanza di asciutto/bagnato.
• Un aspetto importante riguarda i momenti in cui attivare l’irrigazione. Per evitare ogni spreco è consigliabile una centralina collegata a sensori di umidità e di pioggia e attivare l’impianto nelle ore notturne o di prima mattina, anche per non interagire con i consumi domestici: quanto l’acqua scarseggia e ha poca pressione nella rete comunale, è bene evitare che l’irrigazione si sommi agli utilizzi in casa (docce, lavatrici ecc.).